scienza
5 Ottobre 2025 14:30
Pioggia di riconoscimenti alla geologa, saggista e divulgatrice scientifica spezzina Sabrina Mugnos, volto noto nella nostra città adottiva per la sua instancabile attività, approdata alla docenza presso il liceo scientifico Amedeo Avogadro. La sua grande e poliedrica preparazione scientifica si coniuga ad un istinto innato per l’esplorazione, che l’ha condotta da una parte all’altra del globo, anche in luoghi remoti, per raccogliere informazioni scientifiche ma anche emozioni del mondo naturale che dispensa alle migliaia di follower che la seguono sui Social. Dalle aurore boreali dei paesaggi artici al fuoco dei vulcani, passando per la suggestione delle eclissi solari e lunari e misteriosi siti archeologici, le sue pubblicazioni traboccano di immagini e racconti mozzafiato.
Quest’anno, si sta rivelando particolarmente fecondo per la sua lunga fila di elogi, che si arricchisce di tre nuovi Premi. Lo scorso 1° giugno le è stato conferito il Premio Eugenio Montale Fuori di casa presso la cittadina ligure di Levanto, in omaggio al celebre poeta e scrittore ligure, mentre il 18 settembre Ferrara le ha consegnato il Premio SIGEA 2025, conferitole dalla Società Italiana di Geologia Ambientale, un prestigioso sodalizio finalizzato alla conoscenza e alla diffusione della cultura geologica, della geologia ambientale, della geoetica, della geodiversità, della geoconservazione e della tutela dell’ambiente e delle risorse naturali, presieduta da Antonello Fiore. Il tributo le è stato assegnato per essersi occupata, nelle sue opere come nell’intensa attività divulgativa, anche della nostra bella Italia. In particolare, nei suoi Draghi Sepolti, edito dal Saggiatore, e in Terra Inquieta, scritto per i tipi di Hoepli, racconta il rischio sismico e vulcanico del nostro paese, soffermandosi sulle bellezze paesaggistiche di questi luoghi turbolenti, e sul profondo connubio tra le popolazioni che vivono in questi territori e il loro ambiente .
Gli interessi di Mugnos, però, sono poliedrici, e spaziano dalle discipline geologiche a quelle astronomiche, archeologiche e alle scienze naturali in generale racchiuse nei quindici libri che ha pubblicato al momento. Ed è con la sua ultima fatica editoriale, L’universo che sussurra (Il Saggiatore, 2024) che chiuderà in bellezza l’anno (se non subentreranno prima altri graditi colpi di scena) quando il 12 ottobre volerà a Reggio Calabria come finalista del Premio Cosmos come miglior opera di divulgazione scientifica nei settori della fisica, dell’astronomia e della matematica. È un’iniziativa promossa da scienziati di fama internazionale, in sinergia con la Società Astronomica Italiana tramite il planetario metropolitano Pythagoras, con l’obbiettivo di promuovere la cultura scientifica nel nostro paese.
Quando abbiamo appreso che il contenuto del libro tratta la ricerca di vita extraterrestre, ci siamo affascinati e incuriositi e abbiamo chiesto a Sabrina di raccontarci qualcosa di più.
La prima domanda, magari la più comune, è cosa si intende per extraterrestri. Niente a che fare con gli UFO (Unidentified Flying Object) che ora sono diventati UAP (Unidentified Aerial Phenomena)?
Sin dall’antichità gli oggetti volanti non identificati (ora sostituiti con fenomeni aerei non identificati) sono stati associati a creature extraterrestri. Il chè è concettualmente sbagliato, perché di fenomeni e oggetti ancora inspiegabili (in buona parte naturali) ce ne sono un’infinità, ma senza averne prova certa non possiamo associarli a creature esogene.
Ultimamente pare ci sia anche stata un’intensificazione, o è solo un’impressione?
In effetti sì, le segnalazioni di “oggetti impossibili”, per le prodezze che compiono nell’aria, si sono moltiplicate, peraltro diffuse da enti e organi ufficiali, oltre che personale accreditato come astronauti, piloti o studiosi. Dunque, il fenomeno è concreto e tutt’altro che banale. Tuttavia, fino a quando non avremo uno di questi “oggetti” tra le mani, cioè con la possibilità di analizzarlo, non possiamo esprimerci in merito.
Nel suo libro si parla anche di questo?
Lo accenno in chiusura con gli stessi presupposti che ho appena elencato, ma la maggior parte del volume è un trattato scientifico sull’astrobiologia, ovvero una materia multidisciplinare che si occupa di indagare come sia nata la vita sul nostro pianeta, se sia presente altrove. E’ scritto con uno stile narrativo che conduce il lettore da una parte all’altra del globo per raccontare l’avventura di questa accattivante ricerca, mostrando i risultati che ha ottenuto fino a questo momento.
Come avvengono queste ricerche? Che tipo di studiosi le conducono?
L’astrobiologo è una figura poliedrica perché numerose sono le competenze che occorrono. In prevalenza sono astronomi, geologi e biologi, ma non mancano chimici, antropologi ed anche filosofi. Si cerca in due direzioni: la prima sono studi di biochimica per indagare sulle origini della vita sulla Terra e la possibilità che nei pianeti, satelliti o corpi minori (comete, asteroidi, meteoriti) del nostro Sistema Solare esistano forme microbiche simile alle nostre anche in forma fossile. Il secondo ramo di studio, invece, quello più ambizioso, è “ascoltare” il cielo nelle frequenze delle onde radio attraverso i radiotelescopi a caccia si segnali di origine artificiale, e scandagliare il cielo con la speranza di intercettare manufatti alieni. D’altro canto, i primi E.T. siamo proprio noi, che abbiamo già cinque sonde che girano per lo spazio interstellare.
La domanda è di rito. Qual è la sua convinzione? Pensa che siamo soli in questa vastità?
Apprezzo che mi abbia posto la domanda in questo modo, ossia non chiedendomi se ci credessi o meno come fanno in tanti. Ricordo, infatti, che qui siamo in ambito scientifico, non religioso. Quindi, non esistono atti di fede ma solo idee che si formano sulla base di fatti oggettivi che si vengono a delineare. Fatta questa premessa, da astrobiologa e donna di scienza ritengo si abbiano conoscenze sufficienti per ritenere quasi inevitabile che ci sia altra vita là fuori, anche solo per gli elementi chimici di cui siamo fatti che sono abbondanti in tutto l’universo, oltre che per la presenza di un’infinità di potenziali terre e soli simile al nostro. D’altro canto, per usare le parole di Jody Foster a conclusione del celebre film Contact: “… se fossimo soli sarebbe davvero un grande spreco di spazio”.
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