cerca

Vercelli

"Educare alla pace", il convegno del Meic

Tra i relatori Nando Dalla Chiesa, Paolo Heritier, Maurizio Ambrosini e Silvia Fazzo

Convegno Meic

«Se vuoi la pace, prepara la pace: stiamo attraversando tempi difficili e questo convegno si propone di sviluppare implicazioni educative sul tema»: con questo invito, il presidente del Meic di Vercelli, Tommaso Di Lauro, ha aperto sabato 10 maggio, nei locali del Seminario Arcivescovile, il convegno dal titolo “Educare alla pace”. Un appuntamento che ha riunito studiosi e istituzioni intorno alla sfida educativa del nostro tempo, in un contesto mondiale segnato da guerre e conflitti sempre più sanguinosi.

All’evento hanno preso parte l’arcivescovo di Vercelli, monsignor Marco Arnolfo, il sindaco Roberto Scheda, l’assessore alle politiche del personale Ombretta Olivetti e il comandante provinciale dei Carabinieri Pierfranco Burri. Tra i relatori e le personalità intervenute, voci autorevoli del panorama accademico nazionale: Nando Dalla Chiesa, Paolo Heritier, Maurizio Ambrosini e Silvia Fazzo.

L’arcivescovo ha richiamato le parole di Papa Leone XIV: «La pace comincia dal cuore. È frutto del servizio agli altri e di un’educazione continua: non dobbiamo mai smettere di educarci alla pace». Un messaggio condiviso dal sindaco Scheda, che ha sottolineato la necessità urgente di pace: «Tutti ne abbiamo bisogno di fronte ad un mondo lacerato da violenze e tensioni».

Nel suo intervento, Nando Dalla Chiesa, ha evidenziato la distanza tra i valori della Costituzione e quelli realmente trasmessi dalla società: «L’educazione alla legalità non è semplice insegnamento di norme, ma lotta interiore. È uno scontro con le affascinazioni dell’illegalità e con un sistema che spesso non ama davvero la legalità». Per il professore, serve educare al linguaggio, poiché «le parole sono la sostanza della realtà e le regole contano solo se chi le trasmette gode di autorevolezza».

Dalla Chiesa ha poi puntato il dito contro un sistema definito compatibile – ma non complice – con il pensiero criminale. Non ha risparmiato il mondo universitario, che troppo a lungo ha ignorato la criminalità organizzata: «L’università, dimenticando la dimensione etica, ostacola il passaggio dai principi costituzionali alla pratica professionale. Non è complice della mafia, ma compatibile con essa, perché non l’ha studiata per tanto tempo. Se l’università dimentica di insegnare l’etica ai futuri professionisti, il Paese è più debole».

Paolo Heritier ha invece affrontato il tema della legalità da una prospettiva antropologica ed emotiva: «La giustizia si sente, si coltiva come sentimento. Dobbiamo superare la frattura tra razionalità e passione e ripensare il fondamento antropologico del vivere insieme». Heritier propone una visione dell’uomo non come “lupo” o “Dio” per l’altro, ma come uomo tra gli uomini, capace di riconoscere l’altro e costruire relazioni fondate sulla fiducia. «Questa è la missione più alta dell’università: ricostruire i presupposti su cui poggia la convivenza civile».

 

Commenti

Condividi le tue opinioni su La Sesia

Caratteri rimanenti: 1500