storia
di Alex Tacchini
29 Febbraio 2024 11:46
La statua con Mussolini a Cavallo a Bologna nel 1929
Tra i tanti cimeli della US Pro Vercelli che l’avvocato parmense (con ascendenze vercellesi da parte di capitan Mario Ardissone) Stefano Delsignore (che ringraziamo per averci informato e fornito le foto) si aggiudicò al termine di una celebre asta nel gennaio del 2016, ne compare uno di capitale importanza, sia dal punto di vista sportivo, sia da quello strettamente storico e artistico. Si tratta della riproduzione in bronzo della statua equestre di Mussolini forgiata dallo scultore Giuseppe Graziosi e collocata nel 1929 alla base della torre di Maratona nello stadio Littoriale di Bologna (l’attuale “Dall’Ara”), ben nota ai tifosi della città felsinea, forse un po’ meno nel resto d’Italia. Sul come e sul perché questa si trovasse nel mare magnum delle coppe e delle targhe presenti nella Sala dei Trofei di via Massaua, 1, specificatamente nell’allora ufficio del presidentissimo Luigi Bozino e del suo fido successore Secondo Ressia (che sorgeva, per chi se lo ricorda, a pochi metri dall’attuale semaforo che confina con via Derna), cercheremo di scoprirlo insieme.
Questa statua equestre del duce, venne realizzata con il bronzo di tre cannoni sottratti agli austriaci l’8 agosto 1848, “che avevano portato alla cacciata degli invasori, tuttavia effimera”. Come ricordano gli storici Pavone e Baioni “non si trattava, quindi, di un semplice riuso di un materiale disponibile, ma di una scelta fortemente simbolica, che evocava legami tra il fascismo e il Risorgimento”. Occorre però fare un ulteriore passo indietro.
Gli studi dello storico dell’arte Mario De Micheli, ricordano come “Mussolini a cavallo, ci entrò veramente, nel nuovo stadio Littoriale il 31 ottobre 1926, in occasione dell’inaugurazione della nuova struttura sportiva fortemente voluta da Leandro Arpinati, segretario del Fascio bolognese, lo stadio – progettato dall’ingegnere Umberto Costanzini e dall’architetto Giulio Ulisse Arata – era allora il più grande e moderno di tutto il paese. Sulla via del ritorno verso la stazione, questa volta a bordo di un’automobile, Mussolini fu però oggetto di un attentato: il duce rimase illeso, il quindicenne Anteo Zamboni venne linciato dagli squadristi”.
Tre anni dopo, il 27 ottobre 1929, lo stadio Littoriale (l’attuale Dall’Ara) fu completato con l’inaugurazione della torre di Maratona, eretta nel punto dove, il 9 agosto 1849, erano stati gettati i corpi di Ugo Bassi e Giovanni Livraghi, fucilati dalle truppe austriache nei giorni dell’occupazione della città. La statua di Mussolini a cavallo, lo rappresenta fierissimo, eretto in arcioni, che domina il campo guardando fisso davanti a sé la verde collina della Madonna di San Luca. Il manufatto durò per appena 14 anni, perché il 26 luglio 1943 fu abbattuta dai bolognesi a furore di popolo, lasciando sul cavallo soltanto le gambe del dittatore: le sue parti smembrate hanno avuto destini differenti: la testa staccata e fatta rotolare per le strade della città fino a scomparire, mentre il torso, ammaccato, fu stoccato nella palestra del Littoriale, che fu utilizzato dalle truppe tedesche per imprigionare temporaneamente i soldati italiani (in seguito avviati nei campi di lavoro), quindi caricati dai soldati tedeschi su un autocarro per essere utilizzati a fini bellici, tornando alla funzione originaria di quel materiale.
Il cavallo e gli stivali del cavaliere, attaccati ai lati della sella, rimasero invece al loro posto nella grande nicchia sotto alla torre di Maratona fino alla fine del conflitto e dopo la guerra diventarono due statue, “Il partigiano e la partigiana”, di Luciano Minguzzi e collocate all'ingresso della sede dell'ANPI alla Montagnola (e, dal 1986 a Porta Lame).
Delle riproduzioni di questa statua non esiste solo quella in possesso dell’avvocato Delsignore, ma sicuramente si tratta di un esemplare raro, se non rarissimo, ma a noi ora interessa risalire al legame con la sede della Pro. Due, in questo senso, le tracce che portano ad un’unica conclusione: il possibile segno di ringraziamento che proprio il deus ex machina del calcio fascista Leandro Arpinati volle tributare a Bozino e alla Pro Vercelli per aver consentito il passaggio di Silvio Piola alla Lazio e non all’Inter e il fatto che il grande allenatore delle Bianche Casacche nel periodo 1929-32 József Nagy andò – guarda caso – ad allenare proprio il Bologna nella stagione post Pro Vercelli, ovvero la 1932-33. Nagy a Bologna non trovò la necessaria fortuna e fu sostituito dal 26° turno dall’italo-brasiliano Achille Gama. Questa, però, è – come si suol dire – tutta un’altra storia che approfondiremo “nelle prossime puntate”. Rimane il fatto, inoppugnabile, che quei tesori, siano essi sportivi, artistici o con valenze storico-politiche che al momento sono lontani (e ben custoditi) dalla loro città di origine possano, anzi debbano essere il prima possibile valorizzati in una struttura che sia al di là del semplice concetto di museo. Fornirebbe, ne siamo ultracerti, da immenso volano per le altre, innumerevoli meraviglie, che la Città di Vercelli custodisce al suo interno.
* La riproduzione della statua, ritrovata nella Sala dei Trofei della Pro Vercelli,
ora conservata dall’avvocato Stefano Delsignore
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