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Vercelli

“Settimane cavouriane”: incontri con Rosanna Roccia e  Caterina Gromis

Conferenze nella biblioteca civica di via Cagna

Settimane cavouriane

Nell’ambito delle “Settimane cavouriane” programmate dall’assessore Gianna Baucero,  in questo fine settimana si sono tenute due importanti conferenze.

Nella Biblioteca civica di via Cagna, venerdì 10 novembre, è intervenuta Rosanna Roccia, una studiosa del Risorgimento e delle figure principali che hanno caratterizzato questo periodo. Inoltre “ha curato, per la Commissione nazionale editrice, alcuni volumi dell’Epistolario di Camillo Cavour e, per l’Istituto per la Storia del Risorgimento Italiano, l’Epistolario di Urbano Rattazzi. E’ stata direttrice dell’Archivio Storico della Città di Torino, di cui ha coordinato le collane editoriali, ha pubblicato numerosi saggi sulla storia subalpina dall’età medievale al primo Novecento”. Rosanna Roccia, tra le tante pubblicazioni, è autrice del libro “Camillo Cavour. Dettagli in controluce”. Un testo che descrive un viaggio tra le lettere di Cavour: “Dettagli in controluce di “Percorsi”: la carriera militare e l’abbandono, i viaggi di formazione per l’Europa, lo studio, l’ascesa al vertice o nei ranghi delle istituzioni locali, la ricerca identitaria. E poi i “Legami”: la memoria, le celebrazioni, l’amore, la perdita e il rimorso, l’attaccamento alle radici. E ancora gli “Incontri”: l’amicizia fragile, la stima e l’affiatamento, la grandezza della lealtà, la pochezza del rancore. Infine le “Politiche”: le istruzioni segrete, i contatti informali, le trattative dietro le quinte: e a suggello, la ritrosia nell’esibire riconoscimenti al merito”. A dialogare con Rosaria Roccia è stata Gianna Baucero che ha manifestato “molta soddisfazione per la presenza di una studiosa così importante per comprendere la figura, il profilo di Camillo Benso conte di Cavour”.  

La mattinata di sabato 11 novembre invece è stata dedicata ad un’altra figura di rilievo che ha dato un senso molto interessante agli eventi della programmazione. E’ intervenuta, infatti, Caterina Gromis di Trana, discendente di Rosa Vercellana, seconda moglie del Re Vittorio Emanuele II. Caterina, in premessa, ha parlato dell’attendibilità delle fonti che sostanzialmente sono da ricondurre alla ‘vox populi’. Quindi nel tempo le varie narrazioni hanno subito quei cambiamenti tipici del racconto popolare. Quindi la prima curiosità: “Fu un colpo di fulmine? In realtà si dice che Vittorio Emanuele l’abbia conosciuta quando Rosin aveva appena quattordici anni, al ritorno da una battuta di caccia nella tenuta di Racconigi. Il padre di Rosin gestiva questa tenuta e faceva parte dei Granatieri di Sardegna dell’esercito sabaudo con il grado di Tamburo Maggiore. Invece il matrimonio vero e proprio avvenne molto più tardi, nel 1869 quando il Re temendo per la sua sorte a causa di una polmonite la sposò con il rito religioso. Ma la premura per l’amata si manifestò almeno dieci anni prima, quando nel 1858 per darle una rendita e una vita dignitosa le conferì il titolo di Contessa di Mirafiori e Fontanafredda; in quello stesso periodo acquistò per lei il castello di Sommariva Perno – ancora oggi di proprietà della famiglia. Tempo prima voleva attribuirle la Contea di Pollenzo, ma l’opinione del cugino Eugenio lo fece desistere poiché essa era di proprietà dei Savoia da molto tempo e non era consono attribuirle  quel titolo”. Il rapporto tra il Re e la bela Rosin incontrò l’ostilità della corte per la differenza sociale e anche Cavour non vedeva di buon occhio questo rapporto. Caterina Gromis a tal proposito ha letto un passo riferito ad una lettera di Cavour: “A parlar schietto mi sopporta ministro, ma egli non mi ama ed io come ministro lo rispetto, ma come uomo cerco di rimanere il più lontano possibile”.

Tuttavia a dispetto dell’opinione comune, tra il Re e la Bela Rosin c’erano tanti punti in comune: “Il desiderio di entrambi di vivere una vita semplice circondati dagli affetti e da un ambiente tranquillo e distante dai fasti della corte. Del resto la semplicità e la concretezza del Re si intravidero fin dall’ascesa al trono quando ridusse di numero alcune figure come i paggi e le dame di compagnia eliminando invece il ciambellano di Corte. Indubbiamente il carattere di Rosin, la devozione per il suo amato, l’amore per la famiglia costituirono un legame forte che finì solo con la morte del Re nel 1878”.

Il Re ebbe molte amanti, ma l’amore per Rosin era unico; a tal proposito Caterina ha raccontato un aneddoto: “Una delle amanti del Re, Laura Bon, si distinse per una forte gelosia. Saputo della relazione con Rosa Vercellana volle vederla e, nascondendosi dietro le colonne di un porticato, la osservò a spasso per le vie di Torino mentre era in compagnia della figlia Vittoria;  rimase colpita da quest‘incontro e  la definì in un suo scritto una  donna bellissima e una pericolosa rivale”.

In conclusione Caterina Gromis, in questo incontro, ha descritto una storia d’amore forse ancora poco conosciuta, per certi versi misteriosa e anche per questo affascinante. Gli aneddoti raccontati sono stati tanti e indicativi di una vita, quella di Rosa Vercellana, che si intreccia con la storia patria  suscitando un vivo interesse ancora oggi.

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