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Salone Dugentesco

Vercelli: presentato il libro di Mario Calabresi dedicato alla Shoah

"Sarò la tua memoria" nei racconti di chi ha vissuto quel terribile periodo

Nel salone Dugentesco venerdì 27 ottobre è stato presentato il libro “Sarò la tua memoria” scritto da Mario Calabresi, giornalista e scrittore e figlio di Luigi assassinato per mano delle Brigate rosse nel lontano 1972.

I temi del libro sono sempre attuali: la memoria della Shoah nei racconti di chi ha vissuto quel periodo terribile ed il modo di trasmettere gli eventi affinché siano di monito per le generazioni future. La sala era piena e tra il folto pubblico erano presenti il vice prefetto vicario Cristina Lanini e molti giovani, intenti ad appuntare i particolari della narrazione. L’autore, che ha dialogato con l’assessore Gianna Baucero, ha saputo creare un clima coinvolgente descrivendo non solo i fatti ma trasmettendo anche i sentimenti, le emozioni che i personaggi hanno vissuto, facendo immergere il pubblico nella tragicità del momento, nella speranza sempre accesa di chi è rimasto ad aspettare il ritorno dei propri cari, nella felicità data dalla liberazione dei pochi sopravvissuti. Insomma un turbinio emozionale che ci riporta all’Europa dell’antisemitismo, delle macerie della seconda guerra mondiale, ma anche alle idealità di pace e prosperità che scaturirono da quei tragici eventi. Idee e valori che spesso, ancora oggi, naufragano tra i marosi delle guerre in atto, a causa dell’inosservanza, dell’incuria degli insegnamenti impartiti dal docente più credibile e veritiero: la storia.

L’autore in apertura ha voluto sottolineare che il libro è dedicato a tutti, ma in modo particolare ai giovani che hanno il compito di trasmettere la storia, anche attraverso i racconti come questi. Poi ha voluto partecipare la genesi del testo, nato dall’incontro con due sorelle, Andra e Tatiana Bucci sopravvissute all’olocausto che, nonostante gli sforzi compiuti per evitare la morte del cugino Sergio, non vi riuscirono. Quindi la descrizione dei personaggi che nascono dai racconti di una delle sorelle: Joshua che ascolta la storia della nonna sopravvissuta ad Auschwitz insieme ad altri bambini. Incredulo e costernato il bambino si pone una domanda che, in realtà, riguarda il futuro: “Quale voce racconterà la Shoah quando non ci sarà più alcun testimone vivente?”. Poi decide di raccontare questa storia nella sua classe, ma per farlo vuole calarsi nei panni della nonna e “si rinchiude nel garage di casa dove patisce freddo, fame, fatica, solitudine, noia. E alla fine, anche se solo in parte, comprende quello che hanno passato la nonna e tutti coloro che sono stati deportati come lei”. La storia di famiglia diventa quindi il simbolo del dovere di trasmettere l’assurdità delle persecuzioni, del genocidio antisemita che, nelle parole di Calabresi, tra tutto l’orrore prodotto, ha fatto si che “dei 230 mila bambini portati dai nazisti nel campo di sterminio polacco ne tornassero solo una cinquantina”.

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