“Testimoni di futuro per nutrire la speranza”
di Robertino Giardina
16 Marzo 2023 09:53
Da sinistra don Galazzo, monsignor Repole e Carando
Nella sala S. Eusebio del Seminario di Vercelli il Meic di Vercelli ha dato il via al terzo appuntamento del ciclo di conferenze annuali, che ha avuto come titolo: “Essere sinodo, non fare sinodo: il ruolo della Chiesa nel cammino sinodale”.
Al tavolo dei relatori hanno partecipato Mons. Roberto Repole arcivescovo di Torino e Cristina Carando con don Maurizio Galazzo, referenti dell’Arcidiocesi eusebiana per il Sinodo. In apertura Tommaso Di Lauro ha ringraziato tutti i presenti “per questo cammino impegnativo e al tempo stesso affascinante che guarda all’idea di una Chiesa che desidera interrogarsi e interessarsi ai bisogni della sua comunità. Iniziamo questo convegno con un ricordo di due amici che ci hanno lasciato: Don Carlo Orecchia, raffinato biblista e musicista, un grande docente e Beppe Elia, presidente nazionale del Meic dal 2014 al 2021, in precedenza vicepresidente e responsabile del gruppo di Torino, che è stato a lungo protagonista della vita del Movimento e del laicato cattolico italiano. Oggi ci troviamo in una situazione di incertezza e di prova. Per amare e servire il mondo molti cristiani vogliono diventare parte attiva nella Chiesa. Sinodo significa camminare insieme, e questo incontro è dunque parte integrante di un percorso formativo che l’arcidiocesi di Vercelli intende rivolgere a tutti coloro che sono impegnati nel volontariato, a tutti i movimenti e tutte le realtà ecclesiali, ai sacerdoti, ai religiosi e alle religiose, ai diaconi, ai credenti, agli operatori che ricevono dal loro parroco l’ incarico di svolgere un servizio a beneficio della comunità”.
Il saluto di benvenuto a tutti i relatori ed ai presenti è stato partecipato da Mons. Marco Arnolfo: “E’ una gioia poter accogliere tutti voi ed in particolare Mons. Roberto Repole che ci farà riflettere sul tema che ha studiato a lungo e sul quale ha scritto parecchio permettendoci di capire se veramente siamo sinodo o se facciamo sinodo, perché ad oggi è necessario non fare sinodo, ma essere insieme nel nostro cammino affinché possiamo essere testimoni di quel futuro che contempliamo nella comunione trinitaria che Dio ci ha donato. Il camminare insieme a Gesù ci porta verso un futuro veramente stupendo e con una gioia infinita.”
Don Maurizio Galazzo, assistente spirituale del Meic, nel ringraziare i presenti si è rivolto a tutti coloro che “hanno lavorato per la realizzazione di questo evento” e a don Andrea Passera, direttore dell’Ufficio catechistico diocesano, che “ha inserito questa proposta di oggi nella formazione dei catechisti. Un grazie anche all'equipe sinodale diocesana che ormai già da quasi due anni sta lavorando in semplicità e umiltà secondo le nostre forze e disponibilità”. Nel suo intervento di apertura don Galazzo ha evidenziato che: “La Chiesa sta vivendo, come è già stato detto, un momento molto forte, ma se riusciamo a entrare nella logica sottostante possiamo cambiare davvero il nostro modo di vivere la comunità cristiana e il nostro spazio nel mondo”. Nelle parole di Cristina Carando della Pastorale sinodale della diocesi la riconoscenza verso Mons. Repole “perché le sue parole e la sua testimonianza potranno aiutare la Chiesa eusebiana a orientarsi nel cammino perenne e faticoso dell'esperienza sinodale. Ci sentiamo saldamente ancorati sulle antiche radici della fede della nostra terra, ma siamo consapevoli dei grandi cambiamenti che la chiesa, la società ed il mondo stanno affrontando. Come ricorda Papa Francesco nel messaggio per la Quaresima 2023, il percorso sinodale è sempre stato radicato nella tradizione della Chiesa, rappresentata nel Vangelo della trasfigurazione da Mosè ed Elia, e al tempo stesso aperto verso la novità e la tradizione. E’ fonte d'ispirazione per cercare strade nuove, evitando le opposte tentazioni dell'immobilismo e delle sperimentazioni improvvisate. Solo una Chiesa veramente sinodale potrà ancora manifestare in questo modo il volto luminoso del Signore trasfigurato e risorto”.
Mons. Roberto Repole ha ringraziato tutti ricambiando i pensieri di affetto dell'amico monsignor Marco Arnolfo. In apertura della sua relazione ha evidenziato una posizione netta: ”Non parlo tanto volentieri di sinodalità perché l’argomento rischia di diventare oramai ad alto tasso di retorica, dove tutto è sinodale, e quindi alla fine niente è sinodalità”. Per comprendere il tema bisogna partire dalla svolta conciliare che ha prodotto più di una riflessione sulla sinodalità: “La sinodalità è strutturale nell’ordine della Chiesa per ciò che la Chiesa è; questo perché è fatta da cristiani che hanno il senso delle cose della fede, abitata da cristiani che hanno dei carismi che si tratta di leggere, di interpretare e di vedere. E’ necessario che tutti siamo corresponsabili e che insieme varchiamo la soglia del Vangelo quando si tratta di prendere delle decisioni che riguardano il nostro modo di vivere e il nostro modo di annunciare il Vangelo”.
E’ stata richiamata l’opera attuale di Papa Francesco che “Rilancia il tema della sinodalità in connessione con un altro tema fondamentale del Concilio Vaticano II, il cosiddetto sensus fidei fidelium: c'è un senso delle cose e della fede che non appartiene soltanto ad alcuni, ma che appartiene alla totalità della Chiesa, all'intero popolo di Dio. E a partire da questi stimoli di Papa Francesco che si è avviato concretamente un Sinodo dei Vescovi che si occupa di questo tema”. La Commissione teologica internazionale ha messo a tema la sinodalità come aspetto fondamentale della ricerca teologica attuale producendo un documento dal titolo ‘La sinodalità nella vita e nella missione della Chiesa’. In esso si afferma che: “La sinodalità designa innanzi tutto lo stile peculiare che qualifica la vita e la missione della Chiesa, esprimendone la natura come il camminare insieme e il riunirsi in assemblea del Popolo di Dio convocato dal Signore Gesù nella forza dello Spirito Santo per annunciare il Vangelo. Da questo deriverebbe uno specifico modo di vivere e di operare che si esprime nell'ascolto comunitario della parola e nella celebrazione eucaristica, nella fraternità vissute nella partecipazione e corresponsabilità di tutto il popolo di Dio, nella differenziazione dei ministeri e dei carismi alla vita. Al contempo la sinodalità designa i processi e le strutture in cui la natura sinodale della Chiesa si esprime a livello istituzionale e che non può diventare ed essere semplicemente qualcosa di così generico, così astratto da non trovare una concretezza”.
Le riflessioni che sono scaturite dall’intervento di Mos. Repole sono state numerose, cosi anche gli interrogativi sul ruolo della Chiesa nel rapporto con la cultura dominante. Le citazioni di alcuni autori hanno rappresentato punti di approfondimento imprescindibili per un’attenta analisi della questione. Sono stati ripresi alcuni pensieri di Yves Congar, Severino Dianich, Eugenio Corecco e Giuseppe Ruggeri che nel suo libro ‘Chiesa sinodale’ ha collegato la sinodalità al tema della ripresentazione di Gesù che, come nell’Eucarestia, è sempre presente in mezzo a noi: “Se due di voi sulla terra si metteranno d’accordo per chiedere qualunque cosa, il Padre mio che è nei cieli gliela concederà. Perché dove sono due o tre riuniti nel mio nome, lì sono io in mezzo a loro”. I lavori della mattinata sono stati strutturati in due momenti; il secondo si è svolto attraverso alcuni laboratori che hanno avuto lo scopo di approfondire il tema della sinodalità con la produzione di alcune riflessioni e domande riprese dal Mons. Repoli in assemblea.
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