L'intervento
di Alessia Bazzano
26 Gennaio 2021 10:49
Marco Cantamessa
"Perché il cambiamento conduce alla prosperità di alcuni popoli, di alcuni settori o imprese, mentre ne travolge altri? Questa è la differenza tra futuro e avvenire. Le nuove tecnologie, a cosa appartengono? Dipende da chi sei tu. Se sei Amazon, o una delle grandi aziende che si sta occupando di guida autonoma, quello è futuro: perché lo stai progettando. Ma se sei la cooperativa dei taxi di Torino, che si vede arrivare davanti i mezzi robotizzati a guida autonoma che gli portano via il mercato, questo è avvenire". Sono le parole di Marco Cantamessa, professore ordinario al Politecnico di Torino, dove insegna Gestione dell'Innovazione e Sviluppo Prodotto. "Tutto nasce da un breve articolo che ho scritto per Nuovo Mondo Economico, la rivista del Centro Einaudi, da cui è nata l’idea di fare questa chiacchierata, mettendo insieme tre argomenti che sono molto importanti: la città, il dinamismo e l’innovazione".
Da qui nasce il tema dell’evento organizzato dal Distretto Rotary 2031, di cui lo stesso Cantamessa è stato ospite, “Città, dinamismo e innovazione: per un futuro da progettare”. "Il problema – continua Cantamessa – è legato alla domanda: da che parte stai dell’innovazione? La differenza tra futuro e avvenire sta tutta qui, nel capire che posizione occupi rispetto a questi cambiamenti". Cantamessa fa riferimento ad un’immagine pittorica, per spiegare ancora meglio il suo concetto: "Lo studio di Leonardo Da Vinci “Studio per il monumento equestre di Francesco Sforza”, mostra chiaramente la differenza di cui ho parlato poco fa: c’è un signore a cavallo, che equivale al futuro; e c’è un signore che viene travolto dal cavallo, e questo equivale ad un avvenimento negativo". Il tema è “da che parte stiamo?” "Vogliamo cavalcare il futuro, gestirlo, anche imbrigliarlo, dato che non è una bestia facile, oppure vogliamo lamentarci e combattere battaglie di retroguardia, stare dalla parte opposta e venirne travolti? Questo è essenzialmente il messaggio che l’Italia non ha recepito negli ultimi 30 anni: il calo di produttività, deriva dal fatto che abbiamo passivamente e pigramente reagito alle innovazioni che stavano venendo fuori in giro per il mondo. In alcune, paradossalmente, eravamo dei pionieri, ma non siamo stati capaci di cavalcarle fino in fondo: il cavallo imbizzarrito ci ha così scossi…".
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