Sulla mia strada
di Monsignor Sergio Salvini
13 Dicembre 2024 15:17
"E noi che cosa dobbiamo fare? (Lc 3,10-18)".
Il Vangelo di Luca, dopo gli avvenimenti dell’infanzia di Gesù, ci presenta la missione di Giovanni Battista. Quest’uomo di Dio, considerato l’ultimo dei profeti, punto di collegamento tra l’Antico e il Nuovo Testamento, percorreva il territorio del Giordano predicando e battezzando.
La sua saggezza era tale che le moltitudini andavano da lui per chiedergli cosa dovevano fare, che vita dovevano fare per convertirsi veramente. In effetti, quelli che si avvicinavano a Giovanni sapevano che il battesimo non era solamente un simbolo ma un segno dell’inizio di una nuova vita.
Nella storia della salvezza l’acqua significa sempre un cambiamento, come nel caso del diluvio universale che purifica il mondo di tutti i peccati, oppure il passaggio del Mar Rosso che apre un cammino di libertà al popolo di Israele. Giovanni ha una parola per ogni tipo di persona: pubblicani, soldati e gente comune.
A ognuno insegna una via di conversione che porta a pensare agli altri, a servire la società, a praticare la giustizia, a sfuggire la mormorazione.
Per tutti i cristiani, l’Avvento è un cammino di conversione che si manifesta con atti di penitenza e di preghiera ma che richiede un cambio di vita. E noi possiamo, anche, chiedere al Signore quello che vuole da ciascuno: “Cosa dobbiamo fare?”. Come spiega Giovanni Battista nella conclusione del Vangelo di questa domenica, il nostro modo di agire non è indifferente: il Signore «tiene in mano la pala per pulire la sua aia e per raccogliere il frumento nel suo granaio; ma brucerà la paglia con un fuoco inestinguibile».
Prima che inizi la missione pubblica del Messia, il Precursore ci ricorda il peso che il peccato ha nella nostra vita, e la serietà del giudizio, e ci invita alla conversione. Siamo in un tempo di attesa, come è l’Avvento e come è tutta la vita sulla terra. Stiamo aspettando il Salvatore, stiamo aspettando l’inizio del Regno di Dio e l’ultima venuta di Gesù. Ma l’attesa non può essere nulla di passivo, ma piuttosto un comportamento dinamico che richiede una continua e sempre nuova conversione.
Carissimi il Signore è vicino!
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