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Sulla mia strada

Correggere vuol dire mettere la spalla sotto il problema dell’altro

Monsignor Sergio Salvini commenta il vangelo di domenica 10 settembre

Mani

"Se ti ascolterà avrai guadagnato il tuo fratello (Mt 18,15-20)".

La correzione fraterna vuol dire che ti voglio tanto bene che se vedo che tu hai un difetto, un peccato, te lo vengo a dire e poi aggiungo: «Ecco la mia spalla», perché correggere vuol dire mettere la propria spalla sotto il problema dell’altro, il quale è debole e se non c’è la tua spalla, crolla. Correggere non vuol dire rinfacciare agli altri i loro peccati, ma piangere i peccati altrui, richiamare il prossimo che pecca e poi portare avanti assieme la guarigione o il suo inizio.
Non ridurre mai l'altro al suo errore, ma aiutare ogni persona, con amore, a superare il proprio errore.
L’altro guarirà non perché gli hai detto il suo errore ma perché mentre parlavi ha sentito il tuo amore e gli è venuta nostalgia anche a lui di amare.

Chi lascia l'altro nel suo errore, senza correggerlo, diventa corresponsabile.
Il perdono di Dio è legato al nostro perdonare, è quel gesto di Dio che è legato indissolubilmente alla nostra libertà; Dio non riesce a perdonare se nella nostra libertà non ci lasciamo cambiare dal suo perdono. Il perdono torna indietro.
Toccherà ancora a Dio riprenderci perché Lui non ci abbandona mai. La storia è sempre dall’amore all’amore, perché il perdono è l'essenza dell'amore.
Amare è perdonare, perdonare è amare.
Perdonare è davvero divino, ma è comunque necessario farlo nella vita. O almeno provarci.

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