Sulla mia strada
di Monsignor Sergio Salvini
24 Marzo 2023 16:45
"Io sono la risurrezione e la vita (Gv 11,1-45)".
Anche gli amici di Gesù devono confrontarsi con la malattia, la sofferenza e con la morte. Realtà scomode ieri come oggi. Il nostro disorientamento di fronte alla morte, e il tentativo di occultarla, è tradito da numerosi segnali di tanti nostri riti funebri tutti esteriori. Di fronte alla morte però, si è ancora capaci di pietà, di solidarietà, di raccoglimento e di silenzio. Spesso mancano le parole da dire. La Parola di Gesù ci viene sempre incontro e ci prende per mano.
La prima parola che Gesù pronuncia, apprendendo la notizia della malattia di Lazzaro, è provocatoria e paradossale: Questa malattia non è per la morte, ma per la gloria di Dio, perché venga glorificato il Figlio dell'uomo attraverso di essa. Come è possibile che attraverso la malattia si possa arrivare a rendere gloria a Dio? Perché è necessario passare attraverso la sofferenza? Il nostro spirito si ribella a questa idea; e in fondo la nostra ribellione è molto vicina alle parole di Marta e Maria: Se tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe morto!
Il brano dà voce al nostro sconcerto, alle nostre rimostranze e Gesù non condanna la protesta accorata delle due sorelle; però la sua prima parola ci assicura che anche nella malattia e nella morte si può individuare una via che porta a Dio, un’occasione di grazia. Dobbiamo dirlo con molta cautela, perché è facile in questo campo farsi un'idea sbagliata di Dio e il seguito del brano ci mostra proprio in che modo si passa dalla disperazione per la morte ad una fede più consapevole. La prima fase è quella della protesta: Marta e Maria si lamentano con Gesù per la sua assenza. Tutti forse abbiamo fatto questo pensiero: "Dove sei Signore? Perché sei rimasto lontano?". Ma non sempre questo pensiero diventa preghiera: temiamo di cadere nel peccato di ribellione, pensiamo che sia più giusto rassegnarsi, che la fede consista unicamente nell'accettare la "volontà di Dio". Ma la morte non può essere volontà di Dio: e per questo occorre passare attraverso la preghiera di protesta. Essa è vera preghiera, ed è il primo gradino di una fede più salda.
Gesù non vuole persone rassegnate, ma persone credenti. La protesta di Marta apre la via ad una conoscenza sempre più profonda di Gesù. Marta scopre che Gesù è già la vita e la risurrezione. Credere significa affidarsi alla sua persona, appoggiarsi a lui, ma non solo a questo: credere significa pensare alla futura risurrezione dai morti. Questa fede comincia nel presente, e nell'oggi ci fa scoprire la realtà di una vita nuova. Anche noi siamo invitati a fare lo stesso passaggio, dalla protesta alla fede. Il contatto con la sofferenza e con la morte fa cadere le nostre maschere, le nostre illusioni, le apparenze di cui rivestiamo la nostra vita e fa scoprire che cosa veramente è solido e importante.
Il pianto di Gesù alla tomba dell’amico rivela che Dio non sta dalla parte della morte, ma sta dalla nostra parte. Lazzaro viene risuscitato, ma resta solo un segno: anche lui dovrà poi passare attraverso la morte e Gesù stesso si prepara a morire a Gerusalemme, rifiutato da tutti, anche dai discepoli più intimi. Lo sfondo della Passione è messo bene in evidenza dal dialogo iniziale, quando i discepoli esitano a tornare in Giudea, perché è in pericolo la vita stessa di Gesù. Tommaso dà una svolta all'incertezza: Andiamo anche noi a morire con lui. Dovremmo essere in grado di fare nostra questa frase.
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