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Sulla mia strada

Gesù non ha promesso di risolvere i problemi con un pacchetto di miracoli

Monsignor Sergio Salvini commenta il vangelo della terza domenica d'Avvento

Candele Avvento

"Sei tu colui che deve venire o dobbiamo aspettare un altro? (Mt 11, 2-11)"

Sei tu, o ci siamo sbagliati?
Giovanni Battista, il profeta granitico, il più grande, non capisce. Troppo diverso quel cugino di Nazaret da ciò che la gente, e lui per primo, si aspettano dal Messia. Dov'è la scure tagliente? E il fuoco per bruciare i corrotti? Gesù, come risposta, non pronuncia un "sì" o un "no", un prendere o lasciare. La sua pedagogia consiste nel far nascere in ciascuna persona risposte libere e coinvolgenti. Infatti dice: guardate, osservate, aprite lo sguardo; ascoltate, fate attenzione, tendete l'orecchio. Pur restando la vecchia realtà, nasce qualcosa di nuovo; si fa strada, dentro i vecchi discorsi, una parola straordinaria, incredibile.
Dio crea la storia partendo non da una legge, non da pratiche religiose, ma dall'ascolto del dolore della gente: ciechi, storpi, sordi, lebbrosi guariscono, ritornano uomini pieni. Dio comincia dagli ultimi. È vero, è una questione di germogli. Per qualche cieco guarito, legioni d'altri sono rimasti nella notte.

È una questione di un pizzico di lievito nella pasta; eppure quei piccoli segni possono bastare a farci credere che il mondo non è un malato inguaribile.
Gesù non ha mai promesso di risolvere i problemi della terra con un pacchetto di miracoli. L'ha fatto con l'Incarnazione, perdendo se stesso in mezzo al dolore dell'uomo, intrecciando il suo respiro con il nostro.
Due realtà permettono di comprendere la fede: occhi che sanno vedere il sogno di Dio, e mani operose come quelle del contadino che «aspetta il prezioso frutto della terra».
Il Signore crede in un mondo nuovo; crede in mani callose che si prendono cura di volti e nomi.
Gesù, inquadrando così Giovanni Battista, ci dice implicitamente che il tempo in cui anche oggi ci troviamo è «il giorno del Signore» e il Battista è il precursore, quello che apre la strada a «colui che viene».
La conversione non può essere rimandata, una decisione di fronte a questo tempo deve essere presa. C’è un senso di urgenza e allo stesso tempo di forte promessa. Non c’è più da cincischiare.

Tre messaggi ci guidano a leggere questa pagina di Vangelo.
1) Il regno di Dio che viene è anzitutto una sollecitazione alla libertà.
Libera, lascia liberi, chiede libertà.
2) La chiamata del Vangelo è una chiamata di aderenza alla realtà e non di distacco. I segni del regno sono dentro la realtà in cui viviamo, benché non siano evidenti, sono concreti.
3) Il regno è forte ma non prepotente, a volte subisce invece violenza.
Non c’è dubbio che la volontà di salvezza di Dio avvenga nella storia.
Non c’è altra strada per conoscere Cristo se non farsi coinvolgere nella sua storia, che è una storia di salvezza e di liberazione, fatta di opere di salvezza e liberazione.

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