Ciclismo
di Diego Melara
19 Giugno 2024 09:19
Massimiliano Muraro,Velo Club Vercelli, Silvia Grua e Francesco Danesin dell’ASD Myg Team, alla granfondo più dura d’Europa: 200 chilometri e 5000 m di dislivello. Quasi 4000 gli iscritti provenienti da tutto il mondo domenica a Feltre nella gara valida anche come prova per il titolo Prestigio 2024.
Dopo la partenza i ciclisti hanno attraversato la Valbelluna prima di entrare nel Parco Nazionale Dolomiti Bellunesi, e salire la prima delle 3 forcelle, Forcella Franche. Nella Valle Agordina il passo Duran, con le sue inesorabili pendenze a doppia cifra, e la seconda forcella di giornata: Forcella Staulanza, arrivo di tappa nel 2023 del Giro d’Italia. Una lunga discesa fino a Selva di Cadore poi la Val Fiorentina, prima dell’ultima forcella di giornata, Forcella Aurine. Una salita pedalabile per recuperare la gamba prima del passo Cereda e del passo Croce d’Aune, dove è presente il monumento a Tulio Campagnolo, l’ideatore del cambio della bicicletta come lo intendiamo oggi. Infine l’arrivo in gloria nel centro storico di Feltre, dopo l’ultima breve asperità di giornata, 450 m sul pavè, e finalmente a braccia alzate sul traguardo.
«Una gara bella, ma davvero massacrante e per fortuna non ha fatto caldo caldo – dice Massimiliano Muraro che ha chiuso la sua gara con il tempo ufficiale di 10:16:22,1 – Sei salite, la più dura sicuramente il passo Duran, con i chilometri centrali di questa salita mai sotto il 9%. Sono contento perché l’ho portata a casa tutta di testa, mi sarebbe piaciuto stare sotto le dieci ore però non essendo arrivato con una preparazione specifica dopo i 3500 di dislivello è stata dura ma è stata una bella granfondo, in Italia sicuramente la più dura che abbia fatto».
Le salite, sia quelle percorse in sella a una bici, sia quelle che la vita ci pone davanti, anche le più ardue, si possono affrontare con determinazione, tenacia e ottimismo.
Con il suo sorriso, la sua straordinaria energia e la sua voglia di continuare a mordere questa strana, difficile, imprevedibile ma unica vita, Silvia Grua oltre ad aver chiuso la gara con il tempo ufficiale di 11:09:14,3 ha anche lasciato il segno sulle Dolomiti. Campionessa di vita e di sport. Una guerriera che ha trovato la bellezza anche nelle salite più ripide della vita e che racconta nel suo libro “I colori della salita” edito dalla casa editrice Capovolte.
«Emozioni a mille. Durante la gara le Dolomiti Bellunesi sembra che ti cullino lungo il percorso, e poi di poter quasi toccare con un dito quelle montagne man mano che ti avvicini – racconta Silvia Grua – E poi per le sorprese che mi hanno fatto al mio arrivo. Alla casa alpina dove abbiamo dormito, ho scritto prima di arrivare per ringraziare per averci riservato il posto, poiché rischiavamo di non partecipare alla gara perché non riuscivamo a trovare niente, e in quell’occasione ho scritto cosa rappresentano per me le montagna e le salite. Hanno conosciuto la mia storia e con gli organizzatori della gara hanno organizzato un banchetto con il manifesto del mio libro e all'arrivo mi hanno chiamata per parlare e raccontare i “colori della salita”».
Un narrato che racchiude la sua storia, il racconto di una vita che tocca i colori più profondi, dall’oscuro nero al bianco candore della neve, passando per il verde dei prati, le sfumature del giallo del sole e l’azzurro di un cielo nitido.
Anche sulle Dolomiti, Silvia ha potuto contare sul sostegno di Francesco Danesin, che ha chiuso con lei in 11:15:12,5 questa avventura.
Durante la gara si è anche sfiorata la tragedia. Una situazione sconcertante, che ha visto protagonista in negativo una automobilista che immettendosi sul tracciato ha coinvolto in un sinistro stradale alcuni dei partecipanti.
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