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L'impresa

Manuel Minola Violino e la sua bici: in solitaria in Marocco

Il vercellese racconta sui social le nove tappe del suo viaggio

Nuovo viaggio in solitaria per Manuel Minola Violino. Lui e la sua bicicletta, nell’adorato Marocco, per nove tappe.

"Il mio nuovo viaggio in solitaria è partito il 25 ottobre, per nove tappe. Tornerò venerdì e vi racconterò tutto". Così ha risposto Manuel Minola Violino che sul suo profilo Facebook sta tenendo il diario di viaggio, ricco di foto e di descrizioni delle sue giornate in sella.

Il 25 ottobre la prima tappa, da Marrakesh e Taknourt. Sul suo profilo il vercellese scrive che "è stata una giornata impegnativa, iniziata alle 2 di notte per prendere il volo da Malpensa a Marrakech, con una scatola da 20 chilogrammi da trasportare fra check e labirinti vari. Arrivato, sballo la scatola appena fuori dall'aeroporto, monto la bici, le sacche e mi dirigo, a poca distanza, in una sorta di B&B per cambiarmi, lasciare la scatola ed alcuni attrezzi. Sono le 12 e sono già in sella, pronto per questa nuova avventura. I primi 25 chilometri volano via lisci su asfalto lasciandomi alle spalle la caotica Marrakech, poi imbocco una pista e iniziano le danze, deserto, deserto pietroso ed impietoso, a tratti scorrevole e a tratti scassato, intorno, il nulla per i prossimi 20 chilometri. Ci sono 33 gradi ed il sole è forte, l'aria secca ti prosciuga e si fa sentire nelle gambe, ma lo spettacolo è talmente affascinante da continuare ad ammirare questa terra desolata senza sentire troppo la fatica. Poche le costruzioni, piccoli villaggi qua e là, incontro un paio di uomini a piedi e due donne su un mulo diretti chissà dove, un saluto cordiale e poi di nuovo a pedalare. Chiudo questa tappa con 94 chilometri e 600 metri di dislivello positivo, con un viaggio aereo sulle spalle, infinita stanchezza ma con il cuore colmo".

La seconda tappa è da Taknourt a Takorot, dura, con molte incognite, pochi villaggi, 82 chilometri con poco più di 1.000 metri di dislivello, montagne, l’Alto Atlante, tante, innumerevoli salite, strappi, discese e ancora infinite salite: "Parto all'alba dopo un'abbondante colazione, l'aria frizzantina dura pochi minuti, il tempo di fare la prima rampa e sono già in ebollizione. Canyon a perdita d'occhio, i primi 25 chilometri si fanno subito sentire e arrivo ad un incrocio dove devo prendere una decisione, la faccio facile e accorcio in virtù di luoghi più "abitati", oppure seguo quello che avevo stabilito? Qui se la fai fuori dal vaso, son mazzi amari. Faccio la scelta sbagliata e tiro dritto, il paesaggio rapisce, le rampe sono durissime e prima che trovo un "bar" per mettere qualcosa sotto i denti e bere sono le 2 del pomeriggio, dopo oltre 50 chilometri dalla partenza. Mi riprendo e riparto con un po' di scorta d'acqua. Sono stanco e le salite che mi si pongono davanti inizio a odiarle, mi sollevano gli scorci, i colori, il silenzio di questi luoghi senza spazio e tempo, montagne e canyon di milioni di anni erosi dalla furia degli eventi, consumate, si leggono gli strati, ocra, arancio, gialli, rossi. Tiro fino al mio punto tappa a 82 chilometri con oltre 1.000 metri di ripetuti saliscendi, ma clamorosamente quello che cercavo, qui non c'è. Non c'è nulla, un ragazzo mi fa capire che nel raggio di decine di chilometri, è il nulla. Continuo e penso, vado avanti fino a che ce la faccio e c'è il sole, poi mal che vada, metto giù la tenda e domani, è un'altro giorno. L'acqua scarseggia e il cibo, un miraggio, salite, discese, salite. Arrivo a 100 chilometri e trovo un micro negozio tuttofare, due litri d'acqua, wafer alla fragola, biscotti e quello che riesco a far stare sulla bici, riparto. È quasi il tramonto, ho nelle gambe 136 chilometri e 1.700 metri di dislivello, sono disintegrato, quando trovo un auberge sulla strada, provvidenziale, una doccia, una zuppa marocchina e nelle tasche una giornata incredibile".

La terza tappa è da Takorot a Color Village Arhoud, un’altra avventura ricca di incognite e di sorprese, poi la quarta per Manuel Minola Violino è la tappa da Color Village Arhoud e Douar Aissa, 92 chilometri anziché i 60 prefissati. Il vercellese viene ospitato da una famiglia marocchina. Il 29 ottobre Manuel va da Douar Aissa a Oulad Berhil, 75 chilometri.

Il giorno successivo ha in programma la tappa da Oulad Berhil al Col Tizi N'Test, a 2.100 metri: "Lascio l'hotel e inizio l'ultimo infinito rettilineo su questa piana per 15 chilometri, una deviazione costringe i mezzi pesanti a passare per il col du Tizi N'Tichka, il traffico è quasi nullo, sono nella difficile zona colpita duramente dal terremoto dello scorso settembre. Al bivio c'è un posto di blocco della polizia, chiedo informazioni sulle condizioni della strada, mi dicono che con la bici non ci sono problemi. Proseguo. Da qui la strada si impenna, per i prossimi 28 chilometri ci sarà un dislivello positivo di 1.500 metri per raggiungere il Col du Tizi N'Test a 2.100 metri, nel cuore dell'Alto Atlante, ci sono dei massicci di oltre 3.000 metri, imponenti, a qualche decina di chilometri il Djebel Toukbal, la montagna più alta del Marocco, ben 4.167 metri. Ora solo salita, commozione e poche parole per la devastazione del terremoto e di quello che sto vedendo. Nonostante le gravi perdite e la precaria situazione, gli abitanti delle montagne non smettono di sorriderti e salutarti, questo è il fantastico popolo Berbero. Le tende sono sparse un po' ovunque vicino ai villaggi sepolti. Raggiungo il colle, la struttura è integra, mi fermerò qui per la notte, ristorandomi con una zuppa calda, ammirando l'infuocato tramonto sulle montagne e una volta stellata magnifica".

La tappa successiva è dal Col Tizi N'Test a Ouirgane, con tanto freddo in partenza dal colle, per quasi tutta discesa: "Si apre un pianoro e inizio a vedere la devastazione del terremoto, interi villaggi rasi al suolo, mi sovrasta un senso di angoscia che lascia spazio solo alla commozione. Non si può fare a meno di notare quanto siano cordiali gli abitanti di questi luoghi, passando hanno sempre un sorriso, un saluto, un "bonjour" o un "bon courage", loro, che hanno perso tutto. Questo lascia basiti. Proseguo e la strada diventa disastrata, dissestata, è come bombardata, dalle migliaia di pietre e rocce che durante il terremoto sono piombate giù come proiettili dalle montagne soprastanti, molti tratti sono sterrati, la guida si fa impegnativa e la polvere si sente sotto ai denti. Concludo questa tappa nella piccola cittadina devastata di Ouirgane dove la diga sul fiume Oued N'Fis crea dei colori spettacolari in contrasto con le montagne circostanti".

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