Il racconto
di Alex Tacchini
31 Marzo 2022 09:32
Tra le tante stelle del firmamento della Pro Vercelli, un posto d’onore spetta sicuramente a Mario Zanello, esponente di pregio della scuola di giocatori nati ai Cappuccini, dove nacque il 22 luglio 1903. Cresciuto nelle giovanili delle Bianche Casacche, il debutto in maglia bianca avviene domenica 8 ottobre 1922, al “Campo Stradale Stupinigi” di Torino, 1.a giornata del campionato di Prima Divisione 1922-23 (quello della riappacificazione e della definitiva denominazione “Divisione” e non più “Categoria” assunta dalla CCI, così come imposto dal neo presidente Federale Bozino, pur tra mille vicissitudini e assestamenti al vertice).
Mario, che sarà un valente difensore (specializzato nei rigori), gioca però in attacco, come avvenne qualche anno prima al collega di fascia destra Rosetta, che occupava il duetto davanti a Curti, insieme a Bossola IV. Un match poco fortunato, che vede i Leoni soccombere con i granata di Karl Sturner (che nel 1938-39 farà da vice proprio a Viri Rosetta sulla panchina della Juve) per 2-0 (anche per via dell’infortunio occorso al capitano-allenatore Parodi). Per Zanello, che aveva già fatto parte della rosa della Pro Campione d’Italia 1921-22, pur senza totalizzare nessuna presenza, è l’inizio di una stupenda carriera, che lo porterà ad indossare per due volte la maglia della Nazionale, proprio come sostituto del titolarissimo Rosetta (i due saranno sempre legati a doppio filo) sul finire del 1927 e le casacche di Torino, Chieri e Vigevano, ricca di spunti di aneddoti. Come quello di essere stato, ad esempio, testimone in campo della nascita della Coppa Internazionale, il primo trofeo vinto dall’Italia nella storia degli Azzurri. La “Coppa Internazionale” fu un torneo distribuito nell'arco di tre anni con un girone all'italiana. Alla prima edizione vi parteciparono 5 nazionali tra cui Italia, Austria, Ungheria, Cecoslovacchia e Svizzera con partite di andata e ritorno: ovvero, il gotha dell’ Europa pallonara, escludendo la Spagna e ovviamente le Nazionali britanniche, già allora isolate nel loro “splendore” di Maestri del Calcio. Il battesimo nella competizione avvenne domenica 23 ottobre 1927 con la difficile trasferta di Praga. Gli Azzurri, guidati dal ct alessandrino Augusto Rangone, erano chiamati al fare l’impresa nella insidiosa tana dello "Sparta Platz", stadio posto sull'altopiano di Letna, una delle sette colline sulle quali sorge Praga. Era, quella, l’Italia di capitan Adolfo Baloncieri, ma anche di Caligaris, Munerati, Libonatti, Cevenini III, Levratto e del futuro ct della Nazionale Fulvio Bernardini al centro della linea mediana italica. Tra i pali, il genoano De Prà, coperto proprio da Zanello e dallo stesso Caligaris e più avanti da Pietroboni, lo stesso Bernardini e Genovesi. Un 11 fortissimo, ma ancora del tutto consapevole della propria forza e che proprio da quel giorno, si può dire, iniziò il suo percorso di gloria, inanellando un bronzo olimpico nel ’28, due coppe Internazionali, due Mondiali e un oro olimpico, nel decennio successivo.
I Cechi (forti del leggendario portiere Frantisek Planicka, ma anche dell’interno Svoboda e dell’esperto centromediano Kada), a casa loro, avevano sempre avuto ragione dell’Italia, che proprio in quel match riuscì ad uscire indenne per la prima volta, dopo una memorabile “battaglia” nel fango (evento in cui gli alessandrini erano maestri), dato che sulla capitale boema stava piovendo da giorni. Il punteggio finale di 2-2 sarà comunque favorito, oltre che dalla grinta e capacità azzurre, dal fatto che i padroni di casa restarono in inferiorità numerica dopo 12 minuti (le sostituzioni in gare ufficiali erano ben lungi dall’essere varate) per il drammatico infortunio dell’ala destra Podrazil, durante uno sfortunato scontro di gioco con Genovesi, che costringe il giocatore di casa ad uscire dal campo preso per le braccia a causa di una frattura alla tibia destra. Il cinismo azzurro si concretizza di lì a poco, passando in vantaggio al 28’ pt con Libonatti, che finalizza un’iniziativa personale sulla sinistra di Levratto. I cecoslovacchi riordinano le idee e pareggiano già al 32’ pt, con un guizzo di Svoboda, che si avventa su un retropassaggio frenato dal fango di Caligaris e liberatosi in controtempo proprio di Zanello (unico esordiente in campo) nel tentativo di tappare il buco infilando De Prà con un tiro per nulla trascendentale. I boemi passano addirittura in vantaggio al 51’ grazie ad un calcio di rigore trasformato da Svoboda e concesso per fallo di Zanello sulla stessa mezzala di casa. L’Italia però “c’è” e - dopo quattro corner consecutivi e una serie di tiri in porta neutralizzati dalla classe di Planicka – acciuffa lo storico pareggio al 79’, grazie alla stoccata di un implacabile Libonatti, servito da “Zizì” Cevenini, accennando nei minuti finali anche un forcing che però non sfocerà in nessuna rete. Per Zanello fu dunque un battesimo di fuoco e agrodolce. Tornerà ad indossare l’azzurro nella gara successiva del 6/11/1927, meno fortunata, perché culminata con la sconfitta di Bologna per 0-1 contro l’Austria.
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