smat
di Francesca Siciliano
25 Novembre 2022 10:26
Il presidente di Smat, Ing. Paolo Romano
"Il gestore dell’acqua non serve clienti ma utenti. La finalità del Decreto Concorrenza è lo sviluppo della “dinamica concorrenziale”, ma bisogna valutare che tipo di servizio si offre. Un conto è il servizio telefonico dove il cliente può scegliere a quale gestore affidarsi, un’altra cosa è il servizio idrico: aprendo il rubinetto non decidiamo mica da chi prendere l’acqua. L’utente deve essere garantito, ma la garanzia deriva dal fatto che la qualità del servizio idrico debba essere adeguatamente controllata dalle Autorità esterne": a parlare della Legge sulla Concorrenza è il presidente di Smat – Società Metropolitana Acque Torino ingegner Paolo Romano.
Precisamente Smat è un’azienda in house che garantisce l’erogazione del Servizio idrico Integrato in 290 comuni dell’Ato3, corrispondenti al 95,4% dei 303 Comuni totali dell’Area Metropolitana torinese, per 2.209.372 abitanti serviti pari al 99,5% degli abitanti totali.
Durante l’intervista concessa a La Sesia l’ingegnere ha spiegato le tre possibilità di gestione del servizio idrico: “C’è l’affidamento con gara – sottolinea Romano – a cui possono partecipare tutti purchè abbiano determinati requisiti. Poi ci sono le società miste: il Comune detiene una parte del capitale e l’altra è venduta dal Comune ad aziende private con l’affidamento per svolgere il servizio: si chiama gara a doppio oggetto. Infine la terza modalità, la più utilizzata, è l’affidamento diretto alle società tutte pubbliche che si chiamano società “in house providing” la cui attività è svolta esclusivamente per i Comuni dell’Ambito territoriale ottimale, secondo le regole dettate dall’Autorità d’Ambito” in cui tutti i Comuni sono rappresentati.
Ora nel caso dell’acqua, l’interesse dell’ “utente” non è necessariamente garantito dalla dinamica concorrenziale e i Comuni non debbono essere costretti a giustificare il perché non si affidano al mercato nel caso in cui scegliessero invece di affidare la gestione a un’azienda in house “La dinamica concorrenziale è infatti poco sostenibile per i servizi idrici – afferma Romano – Il discorso è quindi un altro: come si controllano i costi e la qualità dei servizi erogati.
Ogni gestore è quindi soggetto a una serie di verifiche che sono fatte dall’Autorità centrale chiamata Arera e dall’Autorità Locale, chiamata Autorità d’Ambito. Questo è un sistema ormai del tutto consolidato”. SMAT S.p.A., società torinese, nel tempo ha aggregato gli altri Comuni del territorio: “Abbiamo dimostrato la nostra validità e contenuto la diffidenza iniziale dei Comuni con la qualità dei servizi e i nostri investimenti: dai 100 ai 120 milioni all'anno derivanti da una delle tariffe più basse d'Europa.
Grazie alla nostra organizzazione industriale riusciamo a fare investimenti superiori a quelli che può fare un singolo Comune, anche con interconnessione di reti comunali o acquedotti per aree vaste, considerato che l’acqua non ha come limite i confini di ogni singolo Comune.”
Adesso è in corso l’approvazione di questo decreto Concorrenza sui servizi pubblici locali che i Comuni dovrebbero cercare di contenere. Uno dei punti chiave per esempio sarebbe l’obbligo per ogni Comune di fare ogni anno un monitoraggio sulla qualità del servizio da inviare agli Enti di controllo. Ma se i controlli li fanno già l’Autorità d’Ambito e l’Arera significherebbe vanificare la loro attività. Ma perché tanta ostilità verso un’azienda tutta pubblica?: “ Se abbiamo la capacità economica e tecnica perché dobbiamo subire tutti questi controlli che appesantiscono fortemente la nostra attività? Le nuove proposte di legge portano quindi uno scompenso a danno delle società pubbliche e non facilitano il cosiddetto dinamismo di mercato. Se una società in house indebitasse i Comuni soci sarebbe un conto… Fino ad oggi abbiamo investito un miliardo e mezzo di euro sul territorio e abbiamo una delle tariffe più basse d’Europa e non abbiamo mai chiesto fondi ai Comuni”.
Non solo. Guardando i dati pubblicati da EurEau ad oggi solo il 2% della gestione italiana è in mano a privati e le percentuali, a parte la Repubblica Ceca, sono bassissime anche nel resto dell’Europa.
“L’acqua – conclude Romano – è un elemento identitario dei territori e queste percentuali ne sono la conferma”.
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