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Psicologia

Mamma-figlio, la teoria dell’attaccamento

L'appuntamento quindicinale a cura di Raffaele Napolitano

Psicologia

Immagine di ChatGPT

Ritorna l'appuntamento quindicinale dedicato alla psicologia, ma soprattutto all’arte di capire le cose e i fatti per comprendere meglio le persone. Vengono approfonditi elementi pratici, storie e strumenti per leggere con attenzione e mente libera emozioni, conflitti e relazioni quotidiane. È uno spazio di utile confronto: i lettori possono proporre temi e domande al nostro esperto, scrivendo a infosesia@lasesia.it. Insieme costruiamo una piccola bussola per orientarci tra scelte, paure e desideri.

L’inizio della scuola è un passaggio importante nella vita di un bambino e della sua famiglia. Essenziale per la sua crescita. Con l’inizio delle attività scolastiche ci siamo chiesti come vivono i piccoli questa novità. Ci siamo anche chiesti come viene vissuto questo cambiamento dalle mamme. Abbiamo volutamente aspettato un mese per fotografare al meglio questo inizio e ci è stato utile, perché ci ha dato la possibilità di entrare nel vivo della questione ascoltando il parere di chi vive sulla propria pelle il tema. Abbiamo chiesto il parere di Claudia, mamma di Lorenzo, un piccolo studente di prima elementare.

Con un piccolo nodo in gola e con la lucidità e la determinazione che le sono proprie, ci ha risposto che la sua ansia maggiore è dovuta al timore che il proprio piccolo sia emarginato dai propri compagni o, peggio, che possa essere bullizzato e, solo in secondo piano, l'idea che il piccolo possa trovare difficoltà nei compiti richiesti. Conosciamo Lorenzo e non abbiamo avuto difficoltà a farle comprendere quanto i suoi timori siano lontani dal concretizzarsi. Va anche detto che piccoli sgambetti, anche se doloroso viverli, agevolano il processo di crescita, di sviluppo e della ricerca delle proprie strategie di leadership. Perché il bambino cresca sicuro, è necessario che sviluppi un attaccamento sano. Questo attaccamento può fornirglielo il feedback della mamma (o del caregiver) che lo guida con autorevolezza, che non condanna i suoi errori e, anzi, li valorizza sfruttandoli come forma di apprendimento. Il tema dell’attaccamento non è così scontato come si può immaginare. Lo psicologo britannico John Bowlby (1907-1990), che è stato anche medico e psicoanalista, ha dedicato tutta la sua carriera al tema dell’attaccamento, sintetizzando la sua famosa “Teoria dell’attaccamento”. Si è interessato, in particolare agli aspetti che caratterizzano il legame genitore-bambino e quelli legati alla realizzazione dei legami affettivi all'interno della famiglia.

Il suo lavoro è stato pubblicato in articoli poi diventati volumi della trilogia “Attaccamento e perdita” (1969, 1972, 1980) dove analizza la sofferenza del bambino che si allontana dalla mamma. Bowlby ha identificato quattro fasi attraverso le quali si sviluppa il legame di attaccamento: Preattaccamento: in questa fase, che va dalla nascita fino a circa dodici settimane, il bambino non è in grado di discriminare le persone che lo circondano ma riconosce la voce della mamma in un gruppo di persone.

Sviluppo dell’attaccamento: in questo periodo, circa dal terzo al sesto mese, il bambino mette in atto una ricerca attiva di contatto e di vicinanza con le figure a lui familiari. Attaccamento ben sviluppato: in questo periodo, dal sesto mese ai due anni, si costruisce l’effettivo legame preferenziale verso una persona. Secondo Bowlby, in questo periodo, l’attaccamento è ben sviluppato e si manifesta con l’ansia alla separazione e la paura dell’estraneo. Relazione in funzione dell’obiettivo: dopo il secondo anno di vita, la relazione è orientata più alla reciprocità. Ora il bambino è in grado di attendere, una piccola assenza del caregiver, per soddisfare il proprio bisogno di vicinanza. Per Bowlby è importante che l’attaccamento si sviluppi in modo adeguato, poiché da questo dipende lo sviluppo della persona: stati di ansia e depressione, in cui un soggetto può imbattersi durante l’età adulta, possono essere ricondotti a periodi in cui ha fatto esperienza di disperazione, angoscia e distacco durante l’infanzia.

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