Venerdì 29 novembre
25 Novembre 2024 17:17
“La fabbrica delle donne” è il libro di Bruno Ranucci che verrà presentato venerdì 29 novembre, a partire dalle ore 17:30, nei locali del Palazzo del Capitano, in via De Rege Como n. 7 a Santhià.
Si parlerà di tematiche sindacali, dei diritti dei lavoratori e di amianto. Infatti, questo momento precede il convegno “Nord e sud uniti dall’amianto”. Interverranno Elena Uga, presidente Isde Vercelli, Ivan Terranova, dirigente sindacale Cgil, Daniela Balocco, presidente Leidaa sezione di Vercelli, Paola Bertona, presidente S.O.S. Santhià Obiettivo salute. Modererà l’incontro Robertino Giardina, giornalista collaboratore de La Sesia.
All’autore abbiamo chiesto alcune anticipazioni circa le principali tematiche del libro che tratta una storia complessa ma affascinante, con alcune riflessioni sulle questioni ambientali correlate.
“La Fabbrica delle donne”, la fabbrica della memoria, come la definisce nel libro: un titolo che evoca processi storici ai quali intendi dare luce. Tra antiche rivendicazioni e problemi ancora attuali quali sono le principali tematiche lavorative e sociali che vuoi evidenziare in questo libro?
Nel libro ho riportato le testimonianze dirette e le storie di emancipazione di donne, molte delle quali nostre nonne, sicuramente un simbolo nei primi anni ‟60, agli albori di quel movimento femminile che si sarebbe esteso in tutta Italia solo dalla metà degli anni '70. Furono le “pioniere”, circa mille, che si alternarono nel corso di circa 50 anni nel lavoro in quella “fabbrica delle donne”, unite per raggiungere, insieme, un nuovo ruolo nella famiglia, sul lavoro e nella società e far avanzare l’intero paese per trascinarlo con forza nella modernità dei tempi. I racconti di quelle ormai anziane donne hanno fatto emergere la maturazione di una loro coscienza operaia e i sacrifici che dovettero affrontare legati, oltre ai loro problemi di quel nuovo duro impiego, a una difficile conciliazione dei tempi famiglia-lavoro. Nonostante questi ostacoli, cullarono aspirazioni, desideri, sogni, collegati a un possibile raggiungimento del grado di parità uomo-donna. Molte di esse si impegnarono ad organizzare il Movimento delle Tabacchine, un sindacato nuovo a quei tempi, inaugurando l'inedita stagione delle rivendicazioni al grido "non solo pane, ma anche diritti" e lottando non solo per i propri diritti ma anche "per i diritti degli altri per i diritti di tutti": autentiche donne-coraggio, che sono nostre nonne a cui tutti devono guardare con grande rispetto perché hanno lasciato un’eredità preziosa da non lasciar disperdere.
“Un killer al tabacchificio”: una parte specifica del libro è dedicata alla questione ambientale e in particolare all’amianto che costituì e per certi versi rimane una questione aperta ad ogni latitudine. Possiamo anticipare qualche argomento correlato, che sarà trattato nella presentazione del 29 novembre?
Nonostante la presenza dell'amianto in quel tabacchificio fosse nota già dal 1972, solo nel 2009 l'Autorità Sanitaria locale preposta alla prevenzione collettiva inviava al sindaco del Comune dove sorgeva l'impianto una nota chiedendo di mettere in sicurezza l'intera zona piena di amianto. Di questa bomba ecologica, però, se ne tornerà a parlare solo nel 2016 a seguito di interrogazioni parlamentari che porteranno a fare inserire l'ormai ex tabacchificio casertano (chiuso nel 2010) nel Piano regionale delle Bonifiche con lo stanziamento di 7 milioni di euro necessari alla sua bonifica. Bonifica, però, che sarebbe incominciata solo nel 2022, impegnando solo poco più di 2 milioni di euro dai proprietari che, però, non hanno mai fornito documenti probanti della messa in sicurezza del sito. In mancanza di ulteriori indagini ambientali, o di inchieste per verificare i casi di incidenti o di morti di ex lavoratrici collegabili a quel pericoloso materiale, il sito risulterebbe essere, perciò, ancora un pericolo per l'intera popolazione, dato che è ubicato proprio in prossimità del paese e a ridosso di civili abitazioni. Il convegno in programma, introdotto dalla presentazione della mia ricerca, metterà a confronto quell'ex tabacchificio casertano con la ex società Magliola di Santhià, due siti che mostrano sorprendenti, analoghe situazioni ambientali a rischio, aggravate dalla vetustà e dal disinteresse totale del Comune di Santhià a cui pure era stata affidata la bonifica dell'opificio vercellese.
Dalla storia locale, circa la storia ed il destino di una fabbrica, lei arriva a delineare alcune riflessioni che riguardano l’economia di un intero territorio. Qual è quella che guarda al futuro, toccando i temi dell’ambiente e dell’occupazione?
Lo smantellamento del tabacchificio e, con esso, la fine di speranze, di idee, di posti di lavoro, di un intero sistema economico, ha consegnato un paese ferito a morte e allo sbando. Dopo la fine del lavoro è mancata la capacità o, meglio, la volontà di un'analisi approfondita delle cause che l'aveva generata, una ricerca delle responsabilità e, più ancora, un progetto di superare la condizione in cui è stata ricacciato il paese dopo questa deindustrializzazione della zona. Dopo la fine dell'epoca industriale, una sorta di "età dell'oro", il paese, additato prima dai paesi viciniori come un esempio di miracolo economico, si è rattrappito, come curvato su sé stesso. La mutazione è stata anche antropologica: la frantumazione del tessuto sociale, del sistema delle relazioni e delle forme orizzontali di aggregazione, fondate su un impianto di valori condividi (la fiducia, la solidarietà, la cooperazione, la reciproca assistenza) ha fatto emergere clientele che hanno reso più povero e vulnerabile un ambiente in tema di presenza della legalità (tanto che recentemente il mio Comune è stato sciolto per infiltrazione di camorra). Probabilmente potrà essere solo la capacità e la volontà delle persone a mobilitarsi e influenzare le decisioni pubbliche a cambiare il destino dell'ex tabacchificio dal punto di vista di un suo recupero a fini industriali o sociali.
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