Forte di Bard
25 Novembre 2023 14:30
L’appuntamento annuale con Meteolab e Climalab al Forte di Bard, coordinato scientificamente da Luca Mercalli e Roberto Louvin, si è tenuto alla presenza di oltre duecento persone, accolte dalla presidente dell'Associazione Forte di Bard, Ornella Badery. Il rapporto fra variazioni climatiche, bosco e legislazione ha impegnato studiosi di scienze ecologiche e giuristi, in un dialogo globale e regionale, con un intenso scambio informativo e collaborativo fra chi opera in difesa del patrimonio boschivo (Carabinieri Forestale e Corpo forestale valdostano), chi studia l’assorbimento di CO 2 da parte delle foreste, chi misura le politiche climatiche globali, gli analisti del dissesto idrogeologico e delle avversità forestali (parassitarie e simili) e chi si occupa del telerilevamento delle foreste, con uno sguardo anche alle esperienze private (Oasi Zegna) e ai processi di Certificazione FSC
(Forest Stewardship Council).
I giuristi hanno ritracciato l’evoluzione del diritto forestale, mettendo in luce le novità del nuovo quadro europeo e dell’evoluzione della legislazione nazionale (francese e italiana), evidenziando le potenzialità di un’eventuale legge forestale regionale di cui, a differenza di altre regioni, la Valle non si è ancora mai dotata. C’è interesse a riordinare le procedure autorizzative per gli interventi selvicolturali, a regolare meglio i piani di assestamento, aggiornare le norme per la gestione dei boschi e l’esecuzione degli interventi selvicolturali, rafforzando, per una tutela ottimale e sostenibile, i requisiti professionali per una gestione sicura dei cantieri. Il contrasto al cambiamento climatico, la conservazione della biodiversità boschiva, l’equilibrio bosco-pascolo, le opere infrastrutturali di servizio e la prevenzione degli incendi si possono fondere in un armonico e moderno
strumento normativo regionale.
"Dobbiamo misurare per conoscere e per gestire bene il bosco: è necessario lavorare tutti insieme e agire in fretta per il clima, rispettando i limiti fisici del Pianeta" ha concluso Luca Mercalli, presidente della Società Meteorologica Italiana. Dalle relazioni presentate sono emersi dati di grande rilevanza. Dalle campagne di monitoraggio dei flussi di CO 2 in foresta e prateria di Arpa Valle d’Aosta, illustrate da Marta Galvagno, risulta che gli ecosistemi naturali della regione, fungendo da “pozzi” di assorbimento del carbonio, riescono a stoccare a lungo termine il 50-60% delle emissioni locali, situazione particolarmente fortunata essendo la Valle poco popolata, e caratterizzata da un’elevata copertura forestale (circa centomila ettari).
Ma nell’insieme d’Italia la situazione è meno favorevole. In media, un albero che cresce nei nostri climi riesce a stoccare circa 2 kg di CO 2 all’anno, e i circa 20 miliardi di alberi italiani nel 2021 hanno immagazzinato 28 milioni di tonnellate di CO 2 , ovvero “solo” il 7% delle emissioni totali nazionali (418 Mt di CO 2 equivalente), come ha spiegato Giorgio Vacchiano dell'Università degli Studi di Milano. Ci sono margini di miglioramento, grazie a piani di riforestazione e a un’adeguata gestione selvicolturale in grado di potenziare le capacità delle foreste di assorbire dall’atmosfera il carbonio in eccesso, e di stoccarlo a lungo termine nei tessuti legnosi e nei suoli. Un esempio virtuoso proviene dall'Oasi Zegna (Biella), eredità di un lungimirante rimboschimento e di una valorizzazione territoriale risalente alla fine degli Anni Venti del Novecento, e oggi teatro di una rinnovata gestione che tiene conto delle nuove esigenze legate al clima in cambiamento e al potenziamento dei servizi ecosistemici del bosco. Tuttavia sarà difficile andare molto oltre il 10-15% di CO 2 sequestrata a lungo termine a scala nazionale, se al tempo stesso non diminuirà massicciamente la produzione di gas climalteranti tramite una maggiore sobrietà nei consumi, alle fonti rinnovabili e all’efficienza energetica. Peraltro, seppure in espansione, proprio a causa dei cambiamenti climatici le foreste italiane mostrano segni di sofferenza e deperimento (siccità, incendi, proliferazione di parassiti quali il bostrico dell’abete rosso a seguito della tempesta Vaia del 2018) che rischiano di ridurre la capacità degli ecosistemi di catturare CO 2 dall’atmosfera.
Di primo piano è il ruolo degli alberi anche nell'attenuare alluvioni, piccole frane e colate di fango o detriti, tema trattato da Danilo Godone del CNR-IRPI di Torino/Geohazard Monitoring Group (mentre la copertura boschiva nulla può contro i movimenti franosi di grandi dimensioni, come le DGPV - Deformazioni Gravitative Profonde di Versante). Meritano salvaguardia le essenze ripariali (pioppi, salici, ontani) che punteggiano le sponde dei fiumi limitandone l’erosione, e talora oggetto di tagli indiscriminati e dannosi. Inoltre, “dragare” gli alvei - soluzione spesso invocata contro le alluvioni - è deleterio e da evitare, poiché innesca rovinosi processi erosivi a danno di argini, ponti, briglie e traverse collocate a monte, a causa della ricerca di un nuovo equilibrio da parte del sistema-fiume dopo l'intervento. Le foreste sono dunque preziose alleate nel contrastare la crisi climatica e i dissesti geo-idrologici, ma c’è molto lavoro da fare per migliorarne la salute, e non possiamo illuderci che siano loro a risolverci il problema da sole, senza che noi facciamo la nostra parte riducendo le emissioni serra.
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