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Psicologia

Giovani: mente connessa e il reale rischio di incidenti

Rubrica quindicinale a cura di Raffaele Napolitano

 L'attenzione dei ragazzi

Immagine di ChatGPT

Sono frequenti le notizie che parlano di incidenti o, peggio, di investimenti dovuti a distrazioni perché si è occupati a consultare lo smartphone. Abbiamo ritenuto opportuno analizzare il fenomeno in vista delle ormai prossime festività natalizie, periodo in cui abbondano le cene di gruppi di lavoro e può capitare di mettersi alla guida nonostante si sia bevuto qualche bicchiere in più. Nel mondo contemporaneo l’attenzione è una risorsa costantemente sollecitata, soprattutto tra i giovani. Smartphone, social network, notifiche e il desiderio di restare connessi in tempo reale occupano una parte significativa delle capacità mentali di adolescenti e giovani adulti. Se da un lato queste tecnologie offrono opportunità di relazione e informazione, dall’altro frammentano l’attenzione e aumentano il rischio di distrazioni pericolose, soprattutto quando si è alla guida o comunque in situazioni che richiedono vigilanza e controllo del corpo e dell’ambiente circostante.

La psicologia cognitiva ci aiuta a comprendere come funziona l’attenzione: essa non è un “interruttore” che possiamo accendere e spegnere a piacere, ma un sistema limitato che richiede energia mentale e controllo volontario. Quando il cervello è impegnato su un compito che non è la guida (per esempio leggere un messaggio o controllare una notifica), la capacità di elaborare informazioni visive e di reagire in tempo reale diminuisce drasticamente. Questo fenomeno non è solo una distrazione momentanea: studi psicologici mostrano che anche dopo aver distolto lo sguardo dalla strada, l’attenzione resta compromessa per molti secondi, rendendo difficile percepire pericoli improvvisi o interpretare correttamente segnali visivi e sonori dell’ambiente stradale. I dati epidemiologici confermano che la distrazione è una causa significativa di incidenti tra i giovani. In Italia, circa il 15% degli incidenti stradali è legato a guida distratta, e l’uso improprio del cellulare alla guida è tra i principali fattori in gioco. Inoltre, un sondaggio recente ha rilevato che quasi un ragazzo su cinque tra i 16 e i 24 anni ha causato un incidente per colpa propria, e che la distrazione, soprattutto dovuta allo smartphone, è molto diffusa tra i giovani conducenti. Ma cosa spinge i giovani a mantenere comportamenti rischiosi nonostante la consapevolezza dei pericoli? La psicologia dello sviluppo suggerisce che gli adolescenti e i giovani adulti hanno sistemi motivazionali e cognitivi ancora in maturazione. La corteccia prefrontale, responsabile della pianificazione, della regolazione delle emozioni e del controllo degli impulsi, continua a svilupparsi fino ai 25 anni circa. Questo significa che i giovani tendono a sottovalutare i rischi, sopravvalutare le proprie capacità e dare maggiore peso ai benefici sociali immediati (come rispondere a un messaggio) rispetto alle conseguenze a lungo termine. Un altro aspetto psicologico cruciale è il fenomeno della multitasking illusorio: molti giovani credono di poter fare più cose contemporaneamente, per esempio guidare e controllare il telefono, senza perdere performance. Tuttavia, la ricerca dimostra che il cervello umano non è davvero capace di processare simultaneamente compiti complessi senza perdita di attenzione e reattività. Quando si tenta di dividere l’attenzione tra la strada e un’altra attività, i “colpi di freno” cognitivi dovuti a passaggi da un compito all’altro aumentano il rischio di errori, omissioni e decisioni ritardate. Anche l’ambiente sociale gioca un ruolo importante: le pressioni dei pari, la cultura dei contenuti immediati sui social e la normalizzazione di comportamenti rischiosi (per esempio postare video alla guida per ottenere “like”) possono influenzare il modo in cui i giovani percepiscono la guida e la sicurezza. Alcuni studi hanno osservato che i comportamenti di distrazione sono spesso associati a un desiderio di impressionare o a una scarsa considerazione delle conseguenze negative, soprattutto quando la presenza di amici è percepita come un fattore di sicurezza sociale. Dal punto di vista clinico, la distrazione alla guida non è solo un problema di comportamento, ma un effetto di processi cognitivi, come l’attenzione, la memoria di lavoro e la capacità di inibire stimoli irrilevanti, che possono essere meno sviluppati o facilmente sovraccaricati nei giovani. Studi di simulazione hanno mostrato che compiti cognitivi aggiuntivi (come conversare o manipolare un dispositivo) aumentano significativamente la variabilità nella velocità del veicolo e la capacità di mantenere la corsia, riflettendo una ridotta capacità di controllo motorio e di attenzione sostenuta.

In conclusione, la distrazione nei giovani non è un semplice “difetto di educazione” o un’abitudine superficiale: è il risultato di meccanismi cognitivi ancora in fase di maturazione, di pressioni sociali intense e di una tecnologia che compete continuamente per la nostra attenzione. Comprendere questi meccanismi è fondamentale per sviluppare strategie di prevenzione efficaci: non basta vietare l’uso del telefono alla guida, ma occorre promuovere una cultura dell’attenzione, una riflessione critica sui rischi e percorsi educativi che aiutino i giovani a riconoscere i propri limiti cognitivi e a gestire meglio l’attenzione in situazioni complesse. Solo così potremo sperare di ridurre gli incidenti e di creare una generazione di guidatori più consapevoli e responsabili.

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