L'editoriale del direttore
di Francesco Amodei
5 Dicembre 2025 10:30
Nel Dopoguerra la bontà era difficilmente trasformabile in gesto, per questo quando accadeva risultava preziosa.
Ognuno, curandosi le ferite e piangendo i propri morti, provava a rigenerare la propria anima, a rinfrancare il proprio corpo, a ricostruire la propria casa. Eppure, in mezzo alle macerie causate dalle bombe cercavano tempo e cuore per aiutare chi aveva ancora meno di quanto si potesse avere.
Oggi, epoca di egoismo e consumismo, l’illusione di un like sui social sembra bastare per definirsi solidali. Un clic sostituisce l’impegno, con la coscienza che illusoriamente si alleggerisce in pochi istanti. Tutto stride, ed è per questo che gli esempi riconosciuti ed evidenziati anche in questa 79ª edizione dei Premi di Bontà sono campioni unici ed invincibili di amore e altruismo; quasi mosche bianche in un tempo che confonde la visibilità con la virtù.
Una tradizione che continua, con i Premi di Bontà che rappresentano ancora una volta un piccolo miracolo civico che vive dal 1946 e che, attraversando la storia di Vercelli e dell’Italia, resta fedele a ciò che conta davvero: la sensibilità e l’attenzione. Indelebili quei giganti che nel Dopoguerra hanno saputo rialzarsi, come anche coloro che negli anni del terrorismo hanno resistito alla paura. Come pure chi nei periodi di benessere non ha dimenticato chi restava indietro.
Ed oggi, oltre a queste grandi donne e grandi uomini, tutti detentori della bontà, a tenere in piedi il Paese, quando le istituzioni arrancano, sono anche le associazioni onlus e no profit: immense, generose, silenziose. Sono il tessuto resistente e resiliente che ancora ci salva.
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