La cronistoria
6 Novembre 2025 15:40
L’Opificio romano tornato alla luce in via Derna, all’angolo con via Massaua
Giovedì 30 ottobre, in Consiglio Comunale di Vercelli, c'è stato l’epilogo di una vicenda lunga 20 anni (i primi riscontri progettuali nel 2006) che ha visto succedersi 4 Amministrazioni (Corsaro 1 e 2, Maura Forte e ora Roberto Scheda), mentre – lo ha fatto osservare il Consigliere di opposizione Fabrizio Finocchi – i dirigenti, come è nelle norme, non cambiano mai.
In Aula la discussione sul “debito fuori bilancio” costituito dagli oneri per la causa legale intentata dal Comune contro i progettisti che firmarono l’opera.
Causa persa.
Prima, la società appaltatrice delle opere risolve il contratto lamentando l’inadempimento del Municipio. Il Tribunale delle Imprese di Torino dà ragione alla ditta (la Getech di Reggio Emilia) e condanna il Comune al pagamento di oltre 1,3 milioni di euro. L’Ente decide di ricorrere in appello, ma nel frattempo si arriva ad una transazione che costa a Vercelli “soltanto” poco meno di un milione di euro.
Poi, non contento, il Comune ritiene che la colpa sia tutta dei progettisti, che avrebbero prodotto elaborati non adeguati. In particolare perché la perizia archeologica (atto che deve essere prodotto per questo genere di progettazioni: da chi?) sarebbe stata non idonea. Non va, infatti, dimenticato, che i lavori si bloccarono soprattutto perché non si diede sufficiente importanza alla vestigia dell’Opificio romano che emersero dagli scavi: a chi sarebbe toccato dire cose più chiare sul punto?
Forse all’archeologo che effettuò la perizia. Ma non si può dimenticare che, il giorno 15 dicembre 2008, redigendo quello che si chiama: “Verbale di verifica del progetto esecutivo”, con firma congiunta Liliana Patriarca (Responsabile del procedimento) e Pietro Derossi (Capofila dei Progettisti) alla domanda (posta dalla modulistica): “c) esistenza delle indagini, geologiche, geotecniche, ove necessario, archeologiche nell’area di intervento e congruenza dei risultati di tali indagini con le scelte progettuali”, risposero “sì”.
Non fa dunque meraviglia più di tanto se, decidendo di chiedere i danni ai progettisti, il Comune abbia imboccato una strada assai ardua. E’ stata una causa milionaria: il Comune ha lamentato danni (che i Progettisti avrebbero dovuto risarcire) per oltre 5 milioni di euro. Calcolati come? Le interpretazioni non sono univoche: di certa c’è la somma liquidata anni prima alla Getech srl, circa un milione. Poi, stime sul danno emergente, rinuncia a mutui, spese tecniche e di causa.
Ma intanto il Comune non vedrà un euro perché il Tribunale delle Imprese ha dato ragione ai progettisti e ora il “debito fuori bilancio” che si andrà a pagare è di circa 260mila euro anche per rifondere la “parte convenuta” delle spese legali. Votazioni: respinto l’emendamento presentato da Finocchi, che avrebbe voluto più attenzione nella ricerca delle responsabilità dei tecnici. La deliberazione proposta dalla Giunta vede: Pd, Lista Bagnasco e Lista Corsaro non partecipano alla votazione, Finocchi vota contro ed i 21 voti della maggioranza sono tutti a favore.
Cinque milioni di euro che i vercellesi non vedranno mai. La sintesi è questa, ma per ricostruire l’incredibile itinerario occorre un flash back. Un viaggio a ritroso nel tempo, per andare alla sorgente di un fiume dalle acque non proprio quiete che ieri, in Consiglio Comunale, è stato certificato come “debito fuori bilancio” di cui si riconosce la “legittimità” (almeno, si confida) in ossequio al linguaggio burocratico.
Di cosa si parla?
Del “Museo dello Sport”, una delle trovate dell’Amministrazione “Corsaro 2” (ma l’ideazione risale al 2006, quindi “Corsaro 1”), i primi appalti di opere risalgono all’anno 2010. Subito il Museo fu ribattezzato “mausoleo” dello Sport e lapide tombale per la stessa Giunta, che di lì a pochi mesi (giugno 2014) sarebbe stata congedata e sostituita da quella di centrosinistra del sindaco Maura Forte.
Perché “Mausoleo”?
Forse anche perché il progetto nacque, secondo ricostruzioni attendibili e mai smentite, assecondando una paradossale “eterogenesi dei fini”.
Cioè?
Dobbiamo costruire un palazzetto dello sport, idoneo anche ad ospitare grandi eventi al coperto.
Ci sono i soldi?
No.
Ce li dà qualcuno?
Ce li darebbero per realizzare un “Museo” dello sport, non un palazzetto. E qui la (prima, di una serie) “trovata”: allora sai che facciamo? Facciamo il museo dello sport; ne abbiamo tanto bisogno per esporre i trofei della scherma ed i cimeli delle Bianche Casacche (ma quella dei “cimeli” della Pro Vercell è un’altra storia) così con quel finanziamento portiamo a casa tutto: museo e palazzetto. Vale la pena osservare che qualcosa del genere, anni più tardi, sarebbe capitata per il progetto “garden boulevard”, cioè: cambiamo faccia al viale Garibaldi, mettendo a dimora tante piantine di arbusti e, poco più in là, in piazza Roma, 21 melograni, facendo le piste ciclabili, togliendo asfalto sostituito da sedime drenante, in modo che l’Europa sia contenta e ci dia soldi con i quali finanzieremo anche tante altre opere pubbliche.Ma torniamo all’inizio del ragionamento.
Nasce il progetto che subito si impantana: un contenzioso “da museo” o, almeno, da esposizione.
Non è superfluo, ai fini della ricostruzione storica, richiamare, sia pure in sintesi, i primi Atti, che risalgono all’anno 2010 (con la Giunta “Corsaro 2” insediata dal giugno dell’anno precedente). Il 12 agosto 2010 è aggiudicata l'esecuzione delle opere alla ditta Idro.erre S.p.a. per un importo complessivo di € 4.644.359,05. La Ditta Idro.erre Spa. affitta poi un proprio ramo d'azienda alla Getech Srl., che è quindi subentrata nel contratto d'appalto il 21 luglio 2011. Si procede poi (da parte del Comune) a concedere un incremento della previsione di spesa per importi rilevanti, in due tranches: l'importo netto contrattuale viene elevato, in data 26 luglio 2012, di € 534.934,53, e in data 30 luglio 2013 di ulteriori 174.251,42, sicché il totale della spesa che il Comune deve sostenere sale ad un corrispettivo complessivo netto di euro 5.353.545, oltre ad Iva del 10%. Ma i lavori vanno a rilento, tanto è vero che, a fine 2014 (dal 2010) gli stati di avanzamento lavori sono soltanto due, nelle seguenti date: il 19 ottobre 2012 per € 617.834,60, il 16 settembre 2013 per 780.963,24. Il Comune non salda immediatamente gli interi importi di cui agli stati d’avanzamento lavori: in data 29 ottobre 2012 eroga € 614.745,00 (invece di 617mila e rotti); in data 2 ottobre 2013, € 162.313,00 (invece di 780mila e rotti), per un importo totale di € 777.058,00 (invece di € 1.398.797,84). Si arriva in breve alla rottura dei rapporti. L’appaltatore (la Getech Srl di Reggio Emilia) forse perché (diciamo: forse, in quanto non si conoscono esattamente le dinamiche che portarono al contenzioso) quel minimo acconto su un’aspettativa di credito ben superiore è la goccia che fa traboccare il vaso, decide di risolvere il contratto unilateralmente. Vedremo poco oltre, leggendo la deliberazione della Giunta comunale in data 1 giugno 2016, che nelle settimane e mesi precedenti il Comune di Vercelli sollecitò e poi intimò di riprendere i lavori, ma senza esito: ancora un po’ di pazienza e si saprà perché.
L’appaltatore se ne va, insalutato ospite e tutto viene a galla
Intanto siamo ancora nel 2014, quando, il 18 luglio, l’Appaltatore: “ha comunicato la propria decisione di risoluzione unilaterale del contratto, esprimendo formale diniego alle numerose sollecitazioni di ripresa dei lavori e costringendo il Comune alla risoluzione contrattuale, avviando altresì le procedure di escussione della cauzione e di eventuale risarcimento dei danni accertati”. Cioè la Getech Srl se ne va, insalutata ospite, situazione né nuova, né ultima, per la stazione appaltante Comune di Vercelli.
Vale la pena dare qualche attenzione alle date, contestualizzandole.
Luglio 2014: il mese prima è arrivata al ponte di comando di piazza Municipio la nuova maggioranza del sindaco Maura Forte.
Tra i molti motivi per cui la gente preferì il cambio di maggioranza, certamente vi fu anche questa storia, che, a buon diritto, potrebbe essere stata vista come un dittico con quella dello stabile poco distante dal sedime destinato al “mausoleo” dello sport: parliamo della “Risoteca”, da realizzarsi pressoché in contemporanea, nello storico immobile ex Enal, in Via Tasso.
Anche in questo caso, fece epoca il contenzioso con l’impresa (un’altra, ovviamente) incaricata delle opere, molte furono le lungaggini, infine, molti soldi furono spesi, nessuna risoteca vi fu, né si avvertirono mai fragranze di risotti. Ma, restando sul punto, furono in molti a sperare, o almeno a prevedere, che la nuova maggioranza avrebbe colto la palla al balzo per fare dietrofront sul progetto Museo dello Sport, sempre fortemente osteggiato dai partiti di sinistra, al punto che si presentarono addirittura interrogazioni parlamentari di esponenti del Movimento 5 Stelle, così come si era udita la voce chiara e senza esitazioni dei maggiori esponenti del Pd vercellese, con iniziative pubbliche assai ferme e decise, datate settembre 2013.
Né va dimenticato che, componente importante di quella stessa maggioranza fu, almeno nel primo periodo, il Movimento civico “SiAmoVercelli”, anch’esso fortemente contrario al progetto del Museo dello sport. Insomma, a ridosso delle elezioni amministrative, ma con argomentazioni niente affatto di tipo “elettorale”, anzi ben più dignitose, la sinistra politica e civica si schiera contro il Museo double face: quando vuoi è museo, quando vuoi è palazzetto.
Ma cos’è successo tra l’agosto 2010 ed il luglio 2014 di così grave da bloccare tutto fino all’esito che conosciamo?
Hanno tenuto banco antiche vestigia di epoca romana, parte di un “Opificio romano” sulla salvaguardia delle quali l’opinione pubblica ha alzato le barricate, il Comune di Vercelli si è a sua volta irrigidito nella difesa ad oltranza del progetto sostenuto con ferrea convinzione dalla dirigente architetto Liliana Patriarca.
Come andarono le cose?
(continua...)
La seconda parte sul numero cartaceo de La Sesia in edicola da venerdì 7 novembre
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