Tasse
di Redazione La Sesia
7 Ottobre 2025 10:40
"Anche a causa di un esercito di almeno 2,5 milioni di evasori, quest’anno i contribuenti italiani hanno impiegato 156 giorni per onorare tutte le richieste avanzate dal fisco".
Lo fa sapere l'Ufficio studi della Cgia (Associazione Artigiani e Piccole Imprese) di Mestre.
In altre parole, per rispettare le decine e decine di scadenze previste dal calendario fiscale, le persone fisiche e quelle giuridiche hanno teoricamente lavorato per lo Stato sino all’inizio dello scorso mese di giugno. "Versamenti che sono necessari per retribuire i dipendenti pubblici, per consentirci, quando è necessario, di essere curati da una struttura ospedaliera pubblica, di far frequentare ai nostri figli la scuola o l’università, di disporre di trasporti veloci ed efficienti e di vivere in tranquillità, perché la sicurezza di tutti noi è assicurata dalla presenza delle forze dell’ordine", fanno notare dalla Cgia.
Solo dal 6 giugno fino al prossimo 31 dicembre (209 giorni) gli italiani lavoreranno per sé stessi e per la propria famiglia.
"In Italia, purtroppo, i contribuenti onesti versano molte tasse perché ci sono tante persone che non le pagano o lo fanno solo parzialmente - proseguono dalla Cgia di Mestre - Secondo le ultime stime dell’Istat riferite al 2022, infatti, sono quasi 2,5 milioni le persone fisiche presenti in Italia che sono occupate irregolarmente. Sono uomini e donne che lavorano completamente in nero o quasi; quando operano in qualità di subordinati non sono sottoposti ad alcun contratto nazionale di lavoro. Se, invece, lavorano in proprio, ovviamente non possiedono la partita Iva. In valore assoluto il numero più elevato è concentrato in Lombardia con 379.800 unità. Seguono i 319.400 residenti nel Lazio e i 270.200 abitanti della Campania. Se, invece, calcoliamo il tasso di irregolarità, dato dal rapporto tra il numero di occupati irregolari e il totale degli occupati di ciascuna regione, in Calabria registriamo il tasso più elevato pari al 17,1 per cento. Seguono la Campania con il 14,2, la Sicilia con il 13,6 e la Puglia con il 12,6. La media italiana è del 9,7 per cento".
Analizzando l’andamento della pressione fiscale registrato negli ultimi trent’anni, si evidenzia come il 2005 sia stato l’anno in cui il carico tributario è risultato più contenuto. "Sotto la guida dell’allora Presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, la pressione fiscale in Italia si attestò al 38,9 per cento del Pil, 3,8 punti in meno rispetto alla percentuale prevista nel 2025. Allora furono necessari 142 giorni per “liberarci” dal giogo fiscale, ben 14 giorni prima della scadenza prevista nel 2025. Si segnala, inoltre, che anche gli altri quattro anni di quella legislatura furono caratterizzati da livelli di pressione fiscale relativamente bassi; soglie che, purtroppo, in tutto quest’ultimo trentennio abbiamo sempre superato", fanno sapere dalla Cgia.
Il picco massimo di tassazione, invece, fu raggiunto nel 2013 durante il governo presieduto da Mario Monti - sostituito a fine aprile da Enrico Letta - quando il carico fiscale complessivo sul Pil arrivò a toccare il 43,4 per cento: record negativo di sempre.
Nel 2024 la Danimarca ha registrato la pressione fiscale più elevata dell’UE, con un valore pari al 45,4 per cento del Pil. Seguono la Francia con il 45,2, il Belgio con il 45,1, l’Austria con il 44,8 e il Lussemburgo con il 43. L’Italia si è posizionata al sesto posto con un tasso del 42,6 per cento del Pil. Rispetto ai nostri principali partner economici, abbiamo una pressione fiscale superiore a quella tedesca di 1,8 punti e a quella spagnola addirittura di 5,4. Solo la Francia sta peggio di noi: la pressione fiscale a Parigi è superiore alla nostra di 2,6 punti. La media UE, infine, è inferiore a quella italiana di 2,2 punti.
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