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VERCELLI

Quei monumenti rotti e anneriti

Il nostro viaggio parte dalla stazione, punto di arrivo in città per il turista che si sposta in treno

Lo stato di conservazione dei monumenti di Vercelli lascia molto a desiderare. Da piazza Cavour a corso Salamano, passando per piazza Cugnolio, quasi “un inno” allo sporco. Il nostro viaggio parte dalla stazione, punto di arrivo in città per il turista che si sposta in treno.
Il primo gruppo statuario che accoglie il visitatore è la fontana dell’Agricoltura, detta anche il “Seminatore” (in realtà sono tre personaggi: un seminatore, un mietitore e una raccoglitrice di messi). L’opera, realizzata nel 1908 dallo scultore Attilio Gartmann, e collocata nell’attuale sede nel 1938, è un grosso blocco bronzeo. Il rame che fa parte del bronzo, ossidandosi, ha generato dei carbonati rameici che creano la classica patina verde (la stessa della cupola del Duomo). Fin qui niente di strano, perché con l’umidità il rame si ossida sempre. A preoccupare sono invece tutte le parti nere: semplice sporco o si tratta di “cancro del bronzo”, ovvero di quel tipo di corrosione che a causa dei cloruri presenti nell’inquinamento atmosferico può rendere il composto instabile e sfaldabile?
A pochi metri di distanza, ai bordi di Parco Kennedy, l’opera di Agenore Fabbri del 1984 “La Mondina”. La statua bronzea oggi sembra pericolosamente pendente da un lato; il basamento rettangolare in granito lucido che rappresenta una risaia, un tempo percorso da acqua, oggi è rotto ai piedi della statua e il canale di scolo perimetrale è pieno di pietre. Inoltre le piastrelle del marciapiede intorno al monumento sono tutte disconnesse e rendono arduo il passaggio.
Spostandosi in piazza Sant’Eusebio si trova il monumento dedicato a Carlo Alberto, di Guido Bianconi: inaugurato nel 1909, è un obelisco sormontato da una stella bronzea simbolo dell’unità d’Italia, che poggia su un dado marmoreo con altorilievi allegorici. Sull’obelisco, un medaglione reca l’effige del sovrano, sotto cui si legge la dedica. Il basamento è protetto da 4 aquile a ogni angolo, simbolo di forza e fierezza. Attualmente gli altorilievi dei quattro lati del blocco mediano sono tutti molto sporchi e in parte anneriti.
Non sta meglio il piccolo monumento a lato del Duomo, dedicato a Papa Giovanni XXIII: manca ormai una lapide commemorativa che doveva stare alla base della colonna.
Raggiungiamo piazza Cavour con il monumento a Camillo Benso scolpito da Ercole Villa, ai cui piedi si trovano due statue di Giuseppe Argenti raffiguranti la libertà nel commercio e l’agricoltura. Neanche l’oasi di traffico limitato è servita a mantenere bianco il marmo del personaggio più iconico di Vercelli.
Scendendo lungo corso Libertà verso Porta Milano, in piazza Cugnolio c’è uno dei monumenti più sporchi: quello dedicato al generale Eusebio Bava, realizzato da Francesco Porzio nel 1889. Frontalmente il marmo è tutto nero tranne la gamba sinistra e la spada metallica; e sulla testa si nota qualcosa di giallastro, forse muschio.
Ma la palma alla sporcizia è vinta dal monumento a Giuseppe Garibaldi, altra opera di Porzio, al centro della rotonda di piazza Solferino: è annerita soprattutto la parte anteriore: volto, mani, mantello… ma anche il basamento su cui poggiano i piedi.
Imboccando corso De Rege e poi a destra corso Salamano: davanti al cimitero di Billiemme c’è la statua di San Francesco col lupo e l’agnello. Le statue in bronzo degli animali sono ben conservate, ma la veste del santo richiederebbe un’analisi approfondita, e tutte le lastre con iscrizioni del basamento sono rotte o crepate.
Infine piazza Pajetta, dove si erge il monumento dedicato a Vittorio Emanuele II, realizzato da Ercole Villa nel 1887. La statua è in bronzo, in cima a una colonna granitica alta 9 metri, e per quanto si può vedere da terra, sembra in buono stato. Lo stesso dicasi per le tre statue in marmo ai piedi della colonna, raffiguranti l’Italia nelle tre guerre d’Indipendenza, sporche qua e là ma ancora presentabili.

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