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Vercelli: detenuto aggredisce poliziotto al grido di "Allah Akbar"

L'episodio è avvenuto nel reparto detentivo dell’Ospedale di Vercelli

Ospedale Sant'Andrea

L'ospedale Sant'Andrea di Vercelli

Vercelli: detenuto aggredisce poliziotto al grido di "Allah Akbar".

"Una folle ed assurda aggressione ad un poliziotto penitenziario in servizio nel Reparto detentivo dell’Ospedale di Vercelli con l’inquietante richiamo al fondamentalismo islamico". Lo denuncia il Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria (Sappe), attraverso il segretario per il Piemonte Vicente Santilli, che riferisce quanto avvenuto nella mattina di ieri, 1 luglio.

“Un detenuto nordafricano, che si è già reso responsabile di diversi eventi critici durante la detenzione, attualmente ricoverato presso il Reparto penitenziario sito all’interno dell’Ospedale di Vercelli, ha proditoriamente aggredito uno dei poliziotti penitenziari di servizio che gli aveva consentito l’uscita dalla camera per andare in bagno. La cosa inquietante è che l’aggressione, particolarmente violenta – al poliziotto sono stati certificati più di 30 giorni di prognosi nonché ingessatura e collare cervicale -, è stata posta in essere al grido di “Allah Akbar”. Solo l’immediato intervento di altri Baschi Azzurri ha fermato la furia dell’uomo, al quale poi i sanitari hanno previsto un intervento farmacologico”. 

“E’ del tutto evidente - prosegue - che così non si può più lavorare: oltre alle continue minacce verbali e agli insulti, ora dobbiamo anche registrare il richiamo alle parole d’ordine di un fondamentalismo islamico becero e violento. La Polizia Penitenziaria deve essere messa in condizione di svolgere il proprio lavoro in sicurezza, nelle carceri e negli ospedali, ma la politica e le istituzioni devono delineare un quadro normativo di intransigenza e repressione per ogni atto violento commesso contro chi, in uniforme, rappresenta lo Stato”, conclude Santilli.

“La minaccia terroristica di matrice internazionale è ormai da tempo accostata alla considerazione che le carceri possano costituire un bacino di reclutamento importante, agevolato oltre che dal massiccio affollamento degli istituti penitenziari anche dalla mancanza di punti di riferimento esterni - evidenzia Donato Capece, segretario generale del Sappe - A ciò si aggiungono, come riscontrato più volte dal monitoraggio che viene svolto quotidianamente dagli uomini del Nucleo Investigativo Centrale della Polizia Penitenziaria, le condizioni di disagio e vulnerabilità che possono incidere in maniera preponderante su “suggestioni” derivanti dalla propaganda jihadista. Da qui al rischio radicalizzazione il passo è davvero breve. Al netto degli accertamenti che sicuramente attesteranno con certezza la natura della minaccia – reale o semplice emulazione – torno ad evidenziare i rischi della radicalizzazione violenta e del proselitismo all’interno degli istituti penitenziari in relazione al fondamentalismo islamico”.

Per il leader nazionale del Sappe, infatti, “anche il carcere è luogo sensibile, da monitorare costantemente, per scongiurare pericolosi fenomeni di proselitismo del fondamentalismo islamico tra i detenuti presenti in Italia. La Polizia Penitenziaria, attraverso gruppi selezionati e all’uopo preparati, monitora costantemente la situazione, ma non dimentichiamo che oggi è ancora significativamente alta la presenza di detenuti stranieri in Italia”. 

Sull'accaduto arriva anche il commento del presidente della Provincia Davide Gilardino: "La mia totale solidarietà e vicinanza all'agente di Polizia penitenziaria. Codeste azioni dimostrano il non riconoscimento dello Stato e delle sue istituzioni, per cui dobbiamo essere tutti intransigenti e fermi nel condannare fenomeni di immigrazione che non sono vera integrazione. Chi vuole vivere in Italia, deve prima di tutto rispettare la democrazia, le sue regole, le tradizioni della società e della cultura. Chiunque non si riconosca in questi valori e addirittura li osteggi, non ha diritto a restare nel nostro Paese. La finta integrazione, pensiamo al modello francese e belga e alla situazione che oggi vivono questi paesi vicino a noi, ci conferma che la strada da perseguire è quella della difesa dei valori di libertà, responsabilità e dovere che l’Italia ci assicura”.

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