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La fotogallery del 26 aprile

Vercelli: ai Cappuccini ricordati i giorni della Liberazione

Presente anche Renato Giara, il partigiano "Sorcio"

Le celebrazioni per la Festa nazionale della Liberazione sono proseguite sabato 26 aprile con un momento solenne presso il monumento ai caduti dei Cappuccini di Vercelli e al Mausoleo dei partigiani nel cimitero del rione.

Alla cerimonia erano presenti il sindaco di Vercelli, Roberto Scheda, alcuni membri del Consiglio con il vicepresidente Gianni Marino e della Giunta comunale, il consigliere regionale Simona Paonessa, il presidente dell’Anpi di Vercelli Giacomo Ferrari e l’oratore ufficiale, Alessandro Orsi, presidente dell’Anpi di Borgosesia. Ad allietare l’evento, la Banda musicale Città di Crescentino “Luigi Arditi”.

Il saluto del Prefetto è stato espresso da Anna Laurenza che, ringraziando il partigiano Renato Giara, nome di battaglia Sorcio, ha ricordato i sacrifici dei partigiani durante quel periodo drammatico della nostra storia, sottolineando come il loro coraggio ci abbia permesso di vivere oggi in libertà e democrazia. «Siamo in democrazia grazie a chi questi valori è riuscito ad ottenerli e ad assicurarceli – ha dichiarato Roberto Scheda – Renato è uno degli esempi viventi e noi ancora oggi siamo in Resistenza: dobbiamo togliere ogni discussione su fatti che attengono ad un'epoca che noi non vogliamo più neanche ricordare, quella nazifascista e fascista. Quindi, la Resistenza ci ha dato questa libertà e ce la dobbiamo tenere ben stretta».

A prendere la parola è stato poi il professor Alessandro Orsi: «La mia ultima occasione di parlare fu proprio a Vercelli trent’anni fa, e anche allora il pensiero andò ai nostri grandi testimoni, come Luigino Malinverni e Teresio Pareglio». «Riflettiamo un momento sulla Resistenza – ha proseguito – partendo da un passaggio fondamentale: l'8 settembre 1943. In quel periodo, i ragazzi ventenni si trovarono davanti a una scelta difficile: aderire o meno alla Resistenza. Settembre-dicembre 1943 è infatti noto come "il periodo della scelta", e fu particolarmente complesso per i giovani della pianura, più che per quelli delle valli». Orsi ha poi ricordato alcune figure, come Domenico Facelli e altri antifascisti, che si assunsero il compito di guidare e motivare i giovani. In quei mesi nacquero i primi distaccamenti partigiani: Pisacane, Mameli, Fratelli Bandiera, Piave. Non si chiamavano ancora "partigiani", ma "patrioti", poiché il nemico principale era l'esercito invasore tedesco.

Secondo Orsi, ci sono due episodi storici spesso dimenticati che meritano di essere ricordati. Il primo è la strage di Cefalonia, dove 5.000 soldati italiani furono uccisi dai tedeschi perché si erano rifiutati di consegnare le armi. Inoltre, a partire dal 13 ottobre 1943, giorno in cui il legittimo governo italiano dichiarò guerra alla Germania nazista; chiunque collaborasse con i tedeschi doveva essere considerato un traditore della patria. Queste date segnano l'inizio vero e proprio della Resistenza: una lotta di liberazione prima ancora che una guerra civile. La Resistenza attraversò poi altre fasi: il periodo della montagna, caratterizzato da enormi difficoltà ma anche da grande tenacia sui monti del Biellese e della Valsesia, e il periodo delle zone libere, durante il quale i partigiani riuscirono a liberare ampie aree, anche nella pianura.

In questo contesto, Orsi ha aggiunto: «Ricordo due episodi tragici: Francesco Fornaro e altri partigiani catturati, torturati e infine fucilati a Salussola. Giulio Lesca e altri giovani della 75ª brigata massacrati presso il Bocchetto diSessera».In conclusione, l'oratore ha sottolineato due temi centrali: la difficoltà crescente nella trasmissione della memoria storica, soprattutto tra i giovani: «La scuola ha il compito fondamentale di trasmettere questi valori, partendo anche dai luoghi della memoria, dai monumenti, dalle storie concrete», ha affermato Orsi, che ha poi concluso: «Il 25 aprile non è una data divisiva, come alcuni vogliono far credere. È la festa nazionale che segna la rinascita dell'Italia libera e democratica. Così come gli americani e i francesi onorano le loro feste nazionali nate da guerre civili, anche noi dobbiamo sentire nostro il 25 aprile, senza ambiguità».

 

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