L'editoriale
di Francesco Amodei
23 Marzo 2025 09:30
Insistiamo. Le luci sono appena state riaccese, per cui non c’è motivo di temporizzarle per mettere, ad un certo punto, in ombra questioni importanti che determinano il durante e il dopo della nostra Vercelli.
Ci sono i diritti, ma soprattutto i doveri. Anche i nostri. Quelli di conoscere, leggere, sapere, studiare, approfondire e informare mediante il racconto libero, che coinvolge, sempre e comunque, gli uni e gli altri. Occorre ricordare i temi caldi e irrisolti? La crisi economica con il tasso di disoccupazione in aumento in città, gli scarsi investimenti del privato che bloccano la creazione di posti di lavoro, il degrado dei quartieri periferici, le case popolari che non offrono conforto, i cantieri che rendono la circolazione faticosa ma anche pericolosa, il centro storico alla ricerca della sua primordiale identità e i fatti dell’ultima ora come il pericoloso incaglio che si sta creando attorno all’affidamento del servizio idrico.
Ma nulla di nuovo, dal nostro fronte, perché noi de La Sesia siamo stati pensati, concepiti, e fortificati da questi capisaldi durante la crescita. Lo dice la storia. Abbiamo esattamente 154 anni, compiuti il 10 gennaio (nascemmo nel 1871). Quel giorno la Direzione del nostro neonato giornale pubblicò sulla prima pagina il suo giuramento alla città e ai futuri lettori, un vero atto di fede e di grande amore per Vercelli e per il circondario.
Parole pesanti come pietre grandi, ma leggere come il vento che le sollevò e le fece posare sui tetti di ogni casa: “(…) non che vogliamo dire con questo che tutto vada per la strada del precipizio in casa nostra, ma solo perché crediamo che tutto non cammini per la più liscia, e che nelle cose nostre occorra un controllo più attivo, più oculato, più efficace. Non basta il dire che tutti i nostri amministratori sono tanti Adami Smith o tanti Gerolami Boccardi in economia, che sono tanti Catoni per fortezza d’animo e per onestà di carattere, che sono tanti Cavour per oculatezza ed attività. Occorre altresì mostrarlo; e quando le opere magre e sciancate non permettono che dai risultati possano giudicarsi tali, occorre perché l’animo riposi almeno tranquillo sul loro buon volere, che potrebbe per avventura non essere bastato a vincere le circostanze, vederli nella più o meno faticosa incubazione di codeste opere, studiarli nell’ingrato lavoro degli studi e delle discussioni, per poter pronunziare con conoscenza di causa sul loro valore materiale e morale.
Luce, luce, luce.
Ecco la mistica parola che sta scritta a caratteri di fuoco sulla nostra bandiera.
Luce nell’amministrazione del Comune.
Luce nella gestione delle tante Opere di beneficenza, che sono lustro e decoro del nostro paese.
Luce in tutto, tutto, tutto ciò che riguarda la cosa pubblica, in tutto ciò che concerne l’amministrazione del denaro dei Contribuenti (…).
Ecco quel che vogliamo.
Ne occorre certo che stiamo ora qui esplicando a parte a parte tutto intiero il vasto complesso di cose che sotto questa sola parola comprende il nostro programma; solo ci basterà indicare quale sarà in genere la condotta del nostro giornale.
Delle cose riguardanti la politica generale ci occuperemo di quel tanto solo che può avere tratto diretto colle più sante aspirazioni delle anime nostre, o cogli interessi più sacri del nostro paese, noi non vogliamo prenderci la briga di rifare ad ogni numero la carta d'Europa.
Delle cose nostre, proprio nostre, nessuna ci passerà inosservata, e terremo costantemente i nostri lettori informati di quanto si faccia e nei Consigli della Provincia, ed in quelli del Comune della nostra Città, ed in quelli dei Comuni del nostro Circondario e nelle molte, numerose Istituzioni che sono tanto e così giusto orgoglio del nostro paese.
Terremo pertanto aperte le nostre colonne a tutte quelle corrispondenze che degli interessi e degli atti di tutti i Comuni del Circondario ci discorreranno con savio e determinato proposito (...).
E tutti questi atti discuteremo, approveremo o biasimeremo con quella serenità d'animo che viene da una coscienza che tende solo al bene, e che se può talvolta errare, da men retto apprezzamento, non da cattive intenzioni vi può essere indotta.
Dalle polemiche irose, villane, e bassamente personali rifuggiremo mai sempre come da pestifera
cosa. Le discussioni franche, leali, audacemente feconde sosterremo con fermezza di paladini, con cortesia di cavalieri. Per natura e per abito usiamo portare i guanti, nè vi sarà alcuno che potrà indurci a levarceli per insudiciarci le mani.
All'agricoltura, ai commerci, che sono tanto elemento della potenza virtuale del nostro paese, consacreremo assidua la nostra cura e l'opera nostra.
Alle scienze, alle arti, alle lettere: memori che Vercelli è pur terra Italiana, e che in lei vissero tanti ed illustri uomini consacreremo intera la quarta pagina del nostro Giornale, ed invitiamo fin d'ora i giovani a cui talenti correre la difficile palestra a voler approfittare delle colonne che teniamo aperte per essi.
Felici troppo se il plauso dei nostri concittadini vorrà consolare d'un sorriso l'ingrata opera a cui ci accingiamo.
Vercelli 10 gennaio 1871
Abbiamo dette le nostre intenzioni in grande – Ecco ora alcuni ragguagli. - Ce n'è per tutti i gusti. (…) La Sicurezza Pubblica, la Pulizia Urbana e Rurale che aspettano sempre un Regolamento, le regole di igiene che sono ora sregolate, la Amministrazione di certe opere Pie, che diretta colle migliori intenzioni immaginabili non corrisponde tuttavia - dicono - all'aspettazione pubblica, l'istruzione pur tanto costosa e l'educazione delle nostre scuole, le grandi questioni economiche le quali toccano sì da vicino l'amministrazione del Comune, come il dazio e il riparto delle imposte non potrebbero fornir materia di esame anche a un Coscritto futuro? (...) dagli uomini passando alle cose, non sarà forse disutile ricordare ai nostri concittadini che la Biblioteca Civica è sempre allo stato di pio desiderio come la Croce di Cavaliere per certuni – che la ritombinatura del corso (il cielo mi salvi dalle critiche dell'amico De-Agostini) è ancora, per molto tempo forse, di là da venire. E le caserme che non servono ai soldati, i quali viceversa abitano le chiese fredde e malsane? E la quiete notturna inquietata? E le guardie che non guardano? E la Stazione che non se ne va? E la ferrovia di Mortara che non viene? E la ormai mitica tettoia? E cento e forse mille altre cose che toccano il pubblico ornato e chi lo tutela: l'equa distribuzione dei carichi e delle cariche: le piccole camorre, la entità del contrabbando, la nettezza delle vie, ecc. ecc.? Dopo tutto, non vogliamo già stabilire, e lo diciamo fin d'ora, che si stesse meglio quando si stava peggio. No certamente - D' uomini utili, di cittadini operosi, di persone intelligenti, e nelle amministrazioni, e negli uffici ve ne sono, e molte. Ed è perciò che noi avremo anche occasione di tributare loro a suo tempo quel plauso che si meritano”.
Poi c’è il solco indelebile scavato dal nostro direttore Piero Gallardi, che ci inorgoglisce ed onora, certificando e qualificando La Sesia ancora oggi. Di lui si scriveva: “In tempi duri (quelli della Seconda Guerra Mondiale) seppe, nella sofferenza e nei patimenti morali e fisici, tenere testa senza mai lamentarsi a tutte le avversità e contrarietà, nel suo posto di lavoro e di responsabilità del giornale, mai piegando la bandiera della fierezza vercellese, esempio a tutti di bontà e di abnegazione”.
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