Prima parte
di Robertino Giardina
24 Ottobre 2023 12:05
Il Meic di Vercelli, in questa prima parte dell’anno sociale, ha organizzato un convegno dal titolo emblematico per il periodo che stiamo vivendo: “Giovanni XXIII e i 60 anni della Pacem in terris”.
La sala Sant’Eusebio del Seminario di Vercelli ha ospitato i numerosi partecipanti e i qualificati relatori che hanno trattato le tematiche programmate anche alla luce delle terribili vicende belliche che caratterizzano il Medio Oriente e l’Europa orientale. L’organizzazione ha visto la cooperazione dell’Upo con il Disum, l’Arcidiocesi, l’Istituto per la storia della resistenza e della società contemporanea, l’Istituto nazionale Ferruccio Parri ed il Corriere Eusebiano. Il moderatore dell’evento è stato Maurizio Ambrosini, docente di Sociologia dei flussi migratori dell’Università Cattolica di Milano che ha dialogato con i relatori Enrico Galavotti, docente di Storia del Cristianesimo e delle Chiese dell’Università degli Studi di Chieti-Pescara, Daniela Saresella, docente di Storia Contemporanea e Storia dei Partiti Politici dell’Università degli Studi di Milano che ha approfondito la tematica relativa ai “Riflessi del Concilio Vaticano II nella Società e nella Chesa”.
Nella seconda parte del convegno è intervenuta Silvia Fazzo, docente di Storia della Filosofia Antica e Medievale dell’Upo che ha relazionato sul tema “Il magistero della Pacem in Terris per una cultura di pace”. Infine Don Ermis Segatti, docente di Storia del Cristianesimo della Facoltà Teologica dell’Italia Settentrionale è entrato nel cuore dell’enciclica con l’analisi della “ Pacem in terris: ricezione nel sistema socialista sovietico”. Il presidente Tommaso Di Lauro in apertura dei lavori ha ringraziato tutti i partner dell'iniziativa ed ha evidenziato che “l’evento avrebbe visto anche la partecipazione di Monsignor Luigi Bettazzi, padre conciliare se il 16 luglio scorso non fosse accaduto ciò che non avremmo mai voluto succedesse. Dedichiamo la giornata a questo grande Vescovo, amico del nostro Don Cesare Massa, testimone con lui di anni cruciali della storia del ‘900 e della nostra Chiesa. Profeta di pace, noi lo ricorderemo con riconoscenza attraverso le parole del nostro vescovo Marco e, con affetto, cercheremo di camminare sui suoi passi fatti di dialogo, di pace, di non violenza. Monsignor Bettazzi, sulla scia di Don Tonino bello, ripeteva: se qualcuno dovesse lasciarsi sfuggire che da oggi il mondo è più povero, rispondete che il futuro è più ricco”.
A seguire, Monsignor Marco Arnolfo ha ringraziato gli organizzatori del convegno poiché è “uno dei modi per ricordare la figura di Monsignor Luigi Bettazzi, cioè essere qui a riflettere sulla pace, ma non solo per farne teoria, ma per diventarne poi costruttori e operatori. Continuare sulla strada che lui ha percorso significa trasformare le armi in strumenti di lavoro e di pace”. Poi alcune riflessioni sulla testimonianza che Padre Bettazzi ci ha lasciato con i suoi: “settantasette anni di sacerdozio, sessanta di Episcopato, per il suo impegno per il Concilio vissuto con libertà e amore per la Chiesa. Una figura che ricorderemo per il sorriso, la gentilezza, la fermezza, l'ironia, la capacità di leggere la storia”. Una testimonianza fatta anche di impegno diretto nei momenti più critici del nostro Paese, ricordando “la vicinanza ai lavoratori dell'Olivetti e della Lancia, a quelli del cotonificio Valle Susa e poi lo scambio epistolare con il segretario del partito comunista Enrico Berlinguer. Bettazzi gli aveva scritto il 6 luglio del ‘76, però, ebbe la risposta più di un anno dopo”.
Non poteva mancare una breve elencazione delle sue azioni che hanno lasciato il segno nella Chiesa: “È stato un vescovo dalla parola scomoda, ma non solo, anche dai gesti scomodi. Nel ‘78 chiese di potersi offrire prigioniero in cambio del presidente della Democrazia cristiana Aldo Moro, rapito dalle Brigate Rosse. Rimangono celebri le sue battaglie per l'obiezione fiscale e per le spese militari, sostenne l'obiezione di coscienza quando ancora si rischiava il carcere. Poi sappiamo che nel ‘92 partecipò alla marcia pacifista organizzata a Sarajevo dai Beati costruttori di pace, con Pax Christi, insieme a monsignor Tonino Bello nel mezzo della guerra civile in Bosnia Erzegovina”. L’intervento di Giorgio Gaietta ha messo in evidenza la figura del “Papa buono”, tracciando alcuni aspetti fondamentali della sua personalità: “la parte umana, quella empatica e rassicurante, che gli valse l'appellativo arrivato sui nostri giorni di Papa buono per la sua capacità di comunicare con parole semplici, per la sua immediata simpatia, la sua voce calda e rassicurante, la postura e il fisico di un caro nonno. Ma ecco l'altro aspetto, l'altra componente della sua personalità, quella forte, innovativa del successore di Cristo, quella capace di integrare passato e presente, tradizione e modernità. Il Papa che indice il Concilio, convoca un sinodo, interviene tra Kennedy e Krusciov nel pieno della crisi dei missili di Cuba, riceve in udienza ufficiale per la prima volta un alto dirigente sovietico, non ostacola il nuovo governo italiano di centrosinistra, anzi allontana la Chiesa dal vivo della lotta politica. Il sacerdote chiamato nella prima guerra mondiale come sergente di sanità e poi come cappellano militare che diventa il Papa al quale nel 1963 viene conferito il premio per la pace della Fondazione Balzan. Il Pontefice che rivolgendosi a tutti gli uomini di buona volontà, apre all'ecumenismo e ad una Chiesa non più arroccata fra le colonne di San Pietro, ma che sappia abbracciare tutto il mondo. Papa Giovanni promulga le encicliche “Mater e magistra” e “Pacem in terris” che mutano radicalmente gli indirizzi pastorali sulle scottanti questioni dei rapporti sociali, dei diritti e dei doveri, di quelli politici e quelli del lavoro, dalla libertà politica e di quella religiosa”. Encicliche che affrontano le tematiche riguardanti la convivenza tra i popoli, il disarmo e la pace del mondo. Infine le conclusioni: “Addentrarsi nella biografia del “Papa buono” significa, a mio avviso, misurarsi con questa duplicità: le parole che toccano il cuore dei semplici e le decisioni che cambiano la rotta della Chiesa e influenzano le vicende dell'umanità intera”.
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