La storia della Pro Vercelli
di Alex Tacchini
4 Maggio 2023 17:00
Il Legnano 1920-21
Quella del torinese di Santena - dove era nato il 19 settembre 1904 - Antonio Janni alla guida tecnica della Pro Vercelli nel biennio 1946-48 è una storia romantica e appassionata; sfortunata nella sua epicità di un momento sportivo – la Serie B – che non sarebbe più stato frequentato dalle Bianche Casacche se non dopo 64 campionati.
Antonio viene chiamato alla guida dei Leoni da Secondo Ressia, il Richelieu di via Massaua, che consiglia il presidente Franco Bianchi. Janni conosce bene l’ambiente vercellese, la Pro Vercelli (di cui subisce il fascino: tutti lo subivano, in quei tempi) e i suoi giocatori come Piola, Ferraris II, Depetrini, Casalino e Cavanna. Ha giocato con Rosetta in Nazionale, con cui ha vinto la medaglia di bronzo alle Olimpiadi di Amsterdam 1928 e una Coppa Internazionale nel 1930. Il mister della Pro 1946-47 e 47-48 si era laureato da giocatore due volte campione d’Italia (1926-28) con la maglia del Torino (il Torino del ‘trio delle meraviglie’ Baloncieri, Libonatti e Rossetti II), ma il titolo 1926-27 - come è noto – fu revocato per il “caso Allemandi”. I granata, guidati al viennese (ma con passaporto italiano) Tony Cargnelli in panchina, sfiorarono il titolo anche nel campionato successivo, il ‘28-29, ma uscirono sconfitti nella finale col Bologna. Il titolo revocato del Toro aveva avuto invece Imre Schoffer come allenatore: il mister era stato portato in Italia direttamente da Budapest dall’eclettico nobile uomo di cultura, sport ed economia bresciano che risponde al nome di Camillo Martinoni (pilota, alpinista, viaggiatore ed esploratore), a cui va il merito di aver dato il primo, grande impulso sportivo nelle zone tra Bergamo, Montichiari e Brescia. Martinoni era amico dell’avvocato Luigi Bozino e di un altro vercellese illuminato, Iginio Bodo.
Torniamo a Janni: nel suo palmarès spicca (sempre come giocatore) anche la Coppa Italia del 1935-36, quando ormai era giunta quasi al capolinea la sua attività da mediano roccioso, ma anche di impostazione e qualità. Il granata fu e sarà sempre la sua ‘casa’, avendoci giocato ininterrottamente dal 1920 al 1936-37, con 322 gare di campionato e 48 realizzazioni, il che lo pone tuttora tra i primi dieci giocatori torinisti di ogni tempo. Ad averlo scoperto e lanciato a 16 anni fu uno che di calcio di capiva qualcosa: un certo Vittorio Pozzo. Il debutto avvenne in Mantova-Torino 1-3 del 10 aprile del 1921 (semifinali interregionali del campionato 1920-21 di Prima Categoria, cioè la Massima Serie, alla sua ultima “spesa” come denominazione). Quel titolo fu vinto dalla Pro Vercelli ed è lì che Janni si co-innamorò del “Bianco Pro”, che ai quei tempi sembrava irraggiungibile. Non poteva neanche lontanamente immaginare che un quarto di secolo dopo l’avrebbe guidata lui, quella squadra. Le Semifinali Nazionali della Prima Categoria 1920-21 ebbero per Janni ed il Torino, poi un epilogo curioso, che si svolse proprio a Vercelli. Nel Girone C, Torino e Legnano (allenato da Primo Colombo e Adamo Bonacina) terminarono entrambi appaiate in testa con 8 punti. Fu necessario dunque disputare uno spareggio per decidere chi dovesse proseguire verso le “Semifinali Nord”. La sede prescelta fu la baricentrica Vercelli, col suo impianto ancora Liberty, con tanto di elegante tribuna in legno e circondato da staccionate bianche, di piazza Conte di Torino.
La gara di spareggio fra le due capolista fu così giocata il 26 giugno 1921 ed è ricordata negli annali del calcio come “La partita più lunga”. Chiusasi al 90’ sull’1-1 (a quella del torinista Corrado al 14’ pt, rispose la rete del lilla Sodano, messa a segno al 34’ pt) venne successivamente sospesa, ormai all’imbrunire, nel corso dell'oltranza dopo 158' di gioco dall’arbitro Mobelli di Casale Monferrato. Le partite di spareggio all'epoca non terminavano infatti neppure dopo i tempi supplementari: si doveva necessariamente andare avanti a oltranza fino al primo e decisivo gol di una delle due squadre (che successivamente si sarebbe chiamato “sudden death” o “golden goal”, lo stesso firmato da David Trezeguet che punì l’Italia di Zoff ad Euro 2000 contro la Francia). Permanendo la situazione di parità, la gara sarebbe poi stata sospesa – a termini di regolamento - per sopravvenuta oscurità e fatta ripetere. La rivincita tra Toro e Legnano si sarebbe dovuta disputare, sempre sul neutro di Vercelli, il 3 luglio 1921. Entrambe le squadre, esauste, optarono invece di ritirarsi dal campionato per esaurimento delle forze, lasciando così via libera al Bologna.
È curioso ricordare come in quel grande Legnano costruito dal presidente, il senatore Emilio Bernocchi, militassero due giocatori vercellesi che formarono il duo dall’acronimo “RA-RO”: ovvero il prolifico (e colpevolmente dimenticato) attaccante Silvio Raso (che fu tra gli stakanovisti in campo in maglia lilla in quella stagione con 23 presenze: per lui uno score di 27 gol in 59 partite col Legnano, quasi uno ogni due gare) e del ben più noto centrocampista Severino Rosso, che dal 1923-24 approderà alla “sua” Pro Vercelli, arrivando anche a giocare in Nazionale. Da sottolineare come Raso, che era nato a Vercelli il 14 marzo del 1893, morirà prematuramente a Como, sua nuova città di adozione (e con la maglia del club locale aveva giocato nel 1914-15 6 partite in Prima Categoria, agli ordini di mister Gustavo Carrer) il 9 settembre 1931, ad appena 38 anni. Nel Legnano della stagione successiva (1921-22) si aggregherà il talentuoso difensore cuneese Luigi Allemandi, futuro campione del mondo ’34, vincitore di due scudetti con Juve e Inter (e protagonista della vicenda che avrebbe condotto ad annullare lo scudetto del Toro del 1926-27). La carriera di Janni ad altissimi livelli (che già dal 1924 lo aveva fatto approdare in Nazionale a vent’anni, per sostituire l’infortunato Baloncieri: a Duisburg, contro la Germania giocherà attaccante, segnando anche la rete della vittoria, ma nelle sue 23 apparizioni in Azzurro sarà perlopiù utilizzato al centro della mediana o come laterale) aveva subito un secondo importante stop quando, durante Torino-Brescia del 4 maggio 1930, il bresciano Angelo Pasolini gli era entrato sulla gamba, ferendolo seriamente. L’infortunio andava a sommarsi a quello dell’anno prima in Nazionale, occorso il 7 aprile 1929 a Vienna, quando, durante i primi minuti di gioco Janni si spezzò una gamba nella partita poi vinta dai padroni di casa per 3-0 (e che sarà la sua ultima gara in Azzurro). Appenderà gli scarpini al chiodo dopo una stagione al Varese nel 1937-38. Sin qui, la vicenda di Antonio Janni come giocatore, con i suoi innumerevoli agganci e curiosità: neanche il tempo di rifiatare, che per Antonio già si sarebbe aperta quella di allenatore, professione in cui avrebbe messo ugualmente con successo a frutto l’esperienza, unita a quella intelligenza e duttilità tattica che tutti gli riconosceranno e che l’avrebbe - tra le altre squadre – anche portato in via Massaua. Di questo, e di altro, parleremo nella prossima puntata della nostra rubrica dedicata alla Storia e ai segreti della Pro Vercelli.
Continua sul numero de La Sesia in edicola venerdì 5 maggio
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