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La storia della Pro Vercelli

Fu della Roma il primo 1-4 inflitto alla Pro Vercelli

Correva il 2 giugno 1935 e i Leoni (di mister Leone) salutarono la Serie A

Pro Vercelli

Il recente 1-4 subìto dalla Pro Vercelli al “Silvio Piola” dal Lanerossi Vicenza allenato dell’ex trainer Francesco Modesto (lunedì 6 marzo 2023) ha innescato immediatamente il tarlo della curiosità e dei ricordi, così - nell’indagare quante volte le Bianche Casacche avessero subito un tale identico passivo tra le mura amiche - ne sono scaturiti numeri e suggestioni, come al solito rimasti per troppo tempo nascosti sotto al tappeto dell’oblio.

Così, grazie alla “Banca Dati de Il Grande Album della Pro Vercelli” si scopre come questo score (1-4, appunto) si fosse verificato in tutto appena 10 volte: 9 partite in campionato, 1 in Coppa Italia (Dilettanti). La prima “scoppola” avvenne alla 30.a giornata di Serie A 1934-35, in una gara che ha l’aroma (e… la Roma, appunto) del ripianto per i tifosi e gli appassionati dei Leoni. Quel 2 giugno del 1935 (la Festa della Repubblica era ben lungi dall’essere anche solo lontanamente concepita: la prima si tenne infatti il 2 giugno 1947, a un anno esatto dallo storico referendum; la prima parata delle Forze Armate in via dei Fori Imperiali, a Roma, andò in scena nel 1948, mentre è nel 1949 che il 2 giugno sarà definitivamente dichiarato festa nazionale) allo stadio polisportivo comunale “Leonida Robbiano” andava in scena infatti l’ultima partita della Pro  Vercelli in Serie A. Contro la AS Roma del presidente Renato Sacerdoti (tra i fondatori dei Lupacchiotti) si sarebbe disputata la 547.a ed ultima gara della Pro in Massima Serie (la 200.a con la denominazione “Serie A”, la 562.a complessiva in campionato). I vercellesi, allenati dal grande mediano Pietro Leone (5 scudetti, tra il 1908 e il ’13), scesero in campo con Scansetti tra i pali; Lanino, Roncarolo e Amarilli in difesa; Bigando, Traversa, Santagostino, Romagnolo, Degara in mediana e Barberis con De Grandi in attacco. Se la “Bianca” era ormai in disarmo, quella giallorossa era invece una squadra che aveva iniziato a studiare “da grande” già da un pezzo. Allenata innanzitutto dallo scaltrissimo ex campione d’Italia nero stellato, il casalese doc Luigi Barbesino, acerrimo avversario (poi amico) di Giuseppe Milano I. Secondo più giovane debuttante nella storia della Nazionale italiana, dopo Renzo De Vecchi (debutto in azzurro a 18 anni e 2 mesi, alle Olimpiadi di Stoccolma del 1912, proprio contro la Svezia) Barbesino fu un gran giocatore (centrocampista duttile e dalle eccellenti doti tecniche) e poi anche un buon tecnico: dopo Legnano (1929-31, portando i Lilla in A) e Roma (1933-37, sfiorando lo scudetto nel campionato 1935-36, terminato ad un solo punto dal grande Bologna di Arpad Weisz, con i capitolini penalizzati dalla fuga a due soli giorni dall'inizio del campionato, il 20 settembre 1935, dei tre fortissimi italo-argentini in rosa, Stagnaro, Scopelli e Guaita, per paura di una imminente chiamata alle armi da parte dell'esercito italiano nella Guerra d’Etiopia), allenerà la Nazionale Universitaria Italiana (1937-38) e quindi il Venezia del 1938-39 (sino alla 23.a).

La guerra temuta dagli argentini nel ’37 alla fine arrivò, ma Mondiale nel ’40 e Barbesino (iscritto al partito fascista sin dal 1921, da cui era poi stato espulso clamorosamente per alcuni dissidi con Starace, già nel ’23)  fu richiamato dalla Regia Aeronautica come ufficiale, conseguendo il brevetto di osservatore d'aeroplano. Luigi fu assegnato alla 194.a Squadriglia del 30° Stormo da ricognizione e bombardamento, “operante nei cieli della Sicilia” su aerei trimotori Savoia-Marchetti S.M.79 con frequenti incursioni di guerra dalla propria base posta sull'aeroporto di Sciacca su Tunisia e Malta; azioni di bombardamento che causarono numerose perdite causate dagli aerei da caccia britannici. Il 20 aprile 1941, con il grado di maggiore, sulla rotta Sciacca-Kuriate-Kerkenna in pessime condizioni meteorologiche sul Canale di Sicilia, il suo aereo risultò disperso, non si sa se abbattuto dal fuoco nemico o a causa del maltempo. Oltre a Barbesino in panchina (altri record: primo allenatore italiano dei giallorossi, nonché primo tecnico a tagliare il traguardo delle 100 panchine con la società capitolina) l’11 giallorosso di Campo Testaccio vantava giocatori di tutto rispetto. Su tutti, il campione del Mondo 1934 Enrique Guaita, forse il più gran­de e talentuoso cannoniere dell’intera storia della Roma. All’italo-argentino nato a Lucas González il 15 luglio 1910 spetta un record straordinario: 28 reti in 29 partite, quando fu capocannoniere proprio in quella Serie A 1934-35, col primato tuttora imbattuto di gol nei campionati a sedici squadre (media: 0,965). È Guaita che da oriundo con l’Italia segna in semifinale all’Austria e che al 95’ della finale dei Campionati del Mondo di Roma contro la Cecoslovac­chia, col risultato ancorato sull’1-1, è oggetto della scelta del ct Pozzo di alternarsi con l’affaticato centravanti Schiavio. Morale: dopo pochi mi­nuti Guaita riceve da Ferraris IV, lascia sul posto un avversario e porge la sfera all’accorrente Schiavio, abi­le a infilare da una decina di metri il gol del successo iridato degli Azzurri davanti a Mussolini: 2-1. La sopracitata fuga del ’35 (tre mesi dopo la partita in questione con la Pro) poi cancellò tutto e la Roma, praticamente senza attaccanti vali­di, finì seconda a un solo punto dallo scudetto del Bologna, ma la critica sportiva è unanimemente concorde nell’affermare come quella Roma leggendaria del Testaccio con Guaita in attacco avrebbe vinto lo scudetto a mani basse. Anche altri giallorossi dell’11 che segnò per primo 4 reti alla Pro Vercelli nella storia hanno nomi altisonanti. In porta, Guido Masetti fu il secondo portiere campione del Mondo del ’34, come il vercellese Giuseppe Cavanna (Masetti sarà il vice anche nel Mondiale del ’38). Anche per questo motivo, come storico portafortuna, la dirigenza della Roma decise di portare Masetti in trasferta per assistere la squadra giallorossa nella partita di Marassi contro il Genoa dell'8 maggio 1983 (1-1), decisiva per la vittoria di quello che sarebbe stato il secondo scudetto giallorosso, con Liedholm in panchina. Evaristo Frisoni, detto II, con la maglia del Brescia dell'estate del 1928 era stato invitato in America in una tournée contro formazioni statunitensi, con i vercellesi Ardissone e Zanello in squadra (vedi La Sesia on line del 7 aprile 2022).

Il mitico ed eccentrico Fulvio “Fuffo” Bernardini sarà un grande giocatore (26 volte Azzurro e bronzo olimpico 1928) e grande tecnico, che vincerà due scudetti con Fiorentina ’56 e Bologna ‘64, 1 Coppa Italia con la Lazio ‘58, nonché ct della Nazionale Italiana negli Anni ‘70; Raffaele Costantino, il primo giocatore della nazionale Italiana ad aver ricevuto la prima convocazione senza aver fino ad allora esordito in Serie A. In quello storico e triste US PRO VERCELLI-AS ROMA 1-4 dell’ultimo 11 bianco della Pro in A i marcatori furono: al 22’ pt Guaita (R); al 59’ Tomasi (R), all’83’ Guaita (R), all’84’ Tomasi (R) e all’85’ la rete della bandiera leonina firmata da Giovanni Barberis (P), anche in questo caso, l’ultima della Pro in Massima Serie. Gli altri passivi per 1-4 inflitti nella storia alla Pro sono invece quelli indicati nello specchietto allegato. Nessuno però potrà mai più avere un gusto dolce amarissimo al chinino, come quello contro i leggendari giallorossi di Guaita, Bernardini e Barbesino.

Continua sul numero de La Sesia in edicola venerdì 24 marzo

 

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