La ricorrenza
di Luisa Castelli
8 Marzo 2023 10:17
L’8 marzo ci ricorda, ogni anno, le sfide, le responsabilità e gli obiettivi che le donne si sono prefissate nel tempo, da quando compresero che la loro esclusione dalla sfera pubblica era legata intrinsecamente alla loro soggezione nella sfera privata.
La conquista dei diritti politici e delle “pari opportunità” è stata una lunga e aspra battaglia, non il frutto di una progressiva estensione dei principi democratici e del rispetto e accettazione della loro diversità anche nella sfera del privato. Dal 1908 sono stati ben più di cento anni di dure battaglie che sono state definite da Hobsbawn “l’unica rivoluzione del secolo breve”. Ora le donne sono soggetti attivi, titolari di diritti ma soprattutto soggetti capaci di impegno civile per costruire una società più giusta e solidale, portatrici di valori ed interessi generali proprio perché “immerse” in compiti e responsabilità molteplici. Non sono un soggetto corporativo ma espressione di una prospettiva ideale e politica di cambiamento, un investimento per il futuro.
Eppure ancora oggi, molte donne sono spesso sfinite dal lavoro e dagli oneri famigliari; hanno sulle loro spalle, oltre la maternità, le responsabilità connesse alla gestione della famiglia, anziani compresi, e questo spesso rappresenta un ostacolo che interferisce nella loro vita e soprattutto nella progressione della carriera. Quante hanno dovuto firmare, all’atto dell’accettazione di un lavoro, che l’avrebbero lasciato se fossero rimaste incinte? “Appartenere al sesso femminile, nascere donne piuttosto che uomini, significa trovarsi al mondo in una posizione di inferiorità, oppressione e svantaggio”, scriveva Mary Wollstonecraft a fine 700, antesignana del femminismo e nota per aver scritto “A Vindication of the Rights of Woman”.
Nel suo pensiero erano già focalizzati i temi fondamentali del pensiero così detto “femminista” quali la critica al patriarcato come sistema culturale e sociale in cui le donne sono subordinate agli uomini. Il tema dell’uguaglianza era tipico dell’Illuminismo ed era inteso come rivendicazione degli stessi diritti fra donne e uomini come pure la questione del soggetto, attuale ancora oggi, che ripensa il problema della soggettività, dell’identità della donna che si pone in modo diverso e dissonante rispetto al mondo maschile. Pensiero di genere femminile, dunque, costruzione culturale che tiene conto delle differenze, anche biologiche, non solo biologiche fra uomo e donna. Pensiero complesso che ancora fatica a imporsi.
Ricordiamo dunque, l’8 marzo 1946 quando l’Udi festeggiava la prima giornata dedicata alla donna dell’Italia libera nell’anno dell’accesso al voto, ricordiamo l’8 marzo del 1977 quando l’Unesco ufficializzava la giornata delle donne, con le mimose, fiore esuberante e pudico nello stesso tempo che rallegra il ritrovarsi intorno a una tavola senza condividerla con “l’altra metà del cielo”, fiore che simboleggia la luce, l’anticipo della primavera che smorza il freddo dell’inverno. Ed infine perché non ricordare il primo romanzo scritto da una donna iraniana, Simin Daneshvar, morta a Teheran proprio l’8 marzo 2012, un capolavoro di grande successo in Iran e tradotto in quindici lingue.
Narra la storia di Zari che vive a Shiraz, città natale dell’autrice, luogo pregno di storia e di simboli per gli Iraniani. Zari è una donna felice e colta che ha studiato in un collegio di missionari inglesi, ha una bella casa, un marito devoto,Yusuf e tre figli; ma si sente inerme di fronte alle numerose ingiustizie che affliggono il suo paese negli anni del secondo conflitto mondiale. Quando Shiraz viene invasa da truppe occidentali che vogliono sfruttare il paese con la complicità di alcune tribù locali, il marito decide di opporre resistenza e Zari sarà combattuta tra il desiderio di condividere gli ideali di Yusuf e l’ansia che questi possano trascinare la sua famiglia in disgrazia. Suvashun è il titolo del romanzo.
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