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La storia della Pro vercelli

Quando la Pro segnò 7 reti alla Juventus

Nel 1921-22 una dura lezione dei Leoni ai bianconeri

Pro Vercelli Juventus

La recente sonora sconfitta della Juventus di Allegri per 5-1 con il Napoli lo scorso 13 gennaio al “Maradona-San Paolo” ha immediatamente fatto riaffiorare l’elenco delle (rare) debàcle che la squadra bianconera ha subito nella sua lunga (e vincente) storia calcistica.

Tralasciando la considerazione che i media - per comodità pelosa e del tutto storicamente ingiustificata - perlopiù abbiano colpevolmente citato solo le batoste dall’avvento del Campionato a Girone Unico in poi (tranne la voce isolata e precisa dello storico e statistico Fabrizio Schmid), c’è invece un clamoroso ko che spicca in particolar modo e che prestò il fianco a non poche conseguenze a livello di rapporti futuri tra i due club che scesero in campo. Lo scenario è il famoso Campionato di Prima Divisione 1921-22, quando nell’impianto di corso Sebastopoli la Juventus ospitò la Pro Vercelli campione d’Italia in carica. Quel 5 marzo 1922 era in programma la 19ª giornata del Girone Eliminatorio A di Lega Nord e la squadra bianca vercellese si impose addirittura per 1-7 nei confronti dei malcapitati padroni di casa.

Quella Pro, grande e imbattibile, rivinse poi girone e scudetto, mentre la Juve si fermò ad un onorevole 4° posto dietro a Novara e Bologna, appaiata a Mantova, Andrea Doria ed Hellas Verona con 23 punti (contro i 36 dei vercellesi). Allenata da una commissione tecnica capitanata dal tecnico e giocatore ex granata Guido Debernardi (detto II), era quella una Juve non ancora consapevole e a poche primavere dall’avvento della proprietà di Edoardo Agnelli (eletto presidente per acclamazione la sera del 24 luglio 1923). Nel 1922 presidente era comunque una personalità illustrissima, originaria di Urbino, ma eporediese di adozione: quel Jacob Angelo Gino Olivetti, fondatore e primo segretario di Confindustria, docente universitario di Diritto del Lavoro e studioso delle allora innovative tecniche tayloristiche di layout, editorialista della Stampa di Torino, deputato del Regno d'Italia, presidente del consiglio d'amministrazione dell'Ufficio internazionale del lavoro, fondatore e presidente della Croce Verde di Torino. Fu il n.1 della Signora del Calcio (ma ai tempi non si chiamava ancora così) dal 1920 al 1923 (anno appunto in cui scattò l’era Agnelli) e sotto la sua gestione per la prima volta dei giocatori juventini furono convocati nella Nazionale italiana, dando altresì l’impulso alla realizzazione dello stadio di corso Marsiglia, il primo di proprietà del club. Concetto ancora oggi moderno e su cui – un secolo dopo, nel moderno impianto sportivo della Continassa - la Juve di Conte, di Allegri e quindi di Sarri è stata capace del dominio-record dei 9 scudetti consecutivi nel decennio appena trascorso. Essendo di religione ebraica, con l’avvento delle leggi razziali fasciste, Olivetti fu costretto a lasciare l'Italia il 20 ottobre del 1939, insieme alla moglie, per l’Argentina, dove morirà pochi anni dopo, nel febbraio del 1942.

In quella partita-derby del 5 marzo 1922, curiosamente le reti della Pro Vercelli furono segnate tutte nella ripresa, facendo leva su un improvviso tracollo pisco-fisico delle zebre torinesi che erano invece passate a sorpresa in vantaggio al 5’ del primo tempo con Giriodi (curiosità: per il Corriere della Sera, la rete invece fu realizzata da Beccuti; altre fonti la assegnano a Sereno). Sarà Parodi al 53’ ad iniziare la sinfonia leonina, seguito al 60’ da Gay I, dal 65’ da Rampini II. Toccherà poi al 73’ a Gay I, all’80’ a Ceria e alla doppietta nel finale di Ardissone (81’ e 87’). Quella Pro, allenata dal duo Ara-Parodi, era scesa in campo con campioni del calibro di Curti, Rosetta, Bossola IV, Leone II, lo stesso Parodi (nelle vesti di allenatore-giocatore), Perino, Ceria, Ardissone, Gay I, Rampini II e Borello. L’11 della Juve assai meno competitivo, contiene viceversa molte chicche da approfondire. Innanzitutto quella del debutto in massima serie di un certo Gianpiero Combi (all’andata, per altro molto più combattuta perché terminata 1-1 a Vercelli, tra i pali aveva giocato il cuneese Emilio Barucco). Proprio una indisposizione di Barucco aprì le porte al debutto piuttosto traumatico in prima squadra di quello che in seguito sarebbe diventato il portiere campione del Mondo 1934, un bronzo olimpico, 2 Coppa Internazionale, 5 scudetti e 47 partite in Nazionale (l’ultima proprio nella finale vinta 2-1 ai tempi supplementari con la Cecoslovacchia, allo Stadio Nazionale del PNF. E ancora: i difensori Tommaso Fanzio e Osvaldo Novo (il cui unico gol in bianconero fu proprio segnato contro la Pro Vercelli su rigore, il 30 novembre 1919), il centromediano Guido Marchi II da Carmagnola, detto “biscutin”, Piero Gilli, il già ricordato Giovanni Barale II da Pezzana (Vercelli) che fu scoperto nelle fila dell’Amatori Torino, Cesare Sereno (che si era formato alla Pro Vercelli, ma che non va confuso con l’omonimo in maglia bianca Gaudenzio), la mezzala Renato Beccuti, gli attaccanti Pio Ferraris (che debuttò in campionato con la maglia bianconera il 19 ottobre 1919, proprio sul campo della Pro Vercelli: 0-0 lo score finale), Giuseppe “Testa 'nvisca” Giriodi (dalla caratteristica chioma fulva, che in carriera adottò anche il cognome “Laviosa”) e Giuseppe Grabbi (cresciuto nel Pastore, giocherà una gara in Nazionale, vincerà lo scudetto juventino 1925-26 e poi militerà anche nel Novara). Della rosa di quella Juventus 1921-22 fecero anche parte altri ottimi giocatori, come il mitico capitano Carlo Bigatto da Balzola, l’attaccante Luigi Ferrero che vincerà due scudetti con il Grande Torino (1945-46 e ‘46-47), le ali Gaetano Gallo e Piero Gilli, il mediano novarese Giovanni Masera e il futuro nerostellato Francesco Blando. Un nome che evoca vercellesità (ma solo a causa del… nome fluviale) è quello dello sfortunato mediano Cesare Sesia (che morirà due anni dopo per i postumi di un incidente di un autobus del quale era passeggero, precipitato in una scarpata alta trenta metri, a Casalborgone - Torino).

Antonio Bruna

Ma anche e soprattutto il dimenticatissimo, ma altrettanto forte difensore di origine vercellese Antonio Bruna (nella foto). Nato a Vercelli il 14 febbraio 1845, Bruna si trasferirà in giovane età con la famiglia ad Omegna, dove giocherà nei mesi successivi alla fine della guerra, sino ad essere notato dalla Juve, in cui giocherà dal 1919 al 1925, soprattutto collezionando 5 presenze con la maglia della Nazionale, diventando tra i titolari dell’11 Azzurro alle Olimpiadi di Anversa del 1920. Si tratta dunque di un vercellese che ha giocato con l’Italia, di cui si erano perse le tracce. Morirà a Torino, ormai eletta sua città di adozione, il giorno di Natale del 1976, un anno prima di Charlie Chaplin. Il componente dalla storia personale più affascinante di quella Juve 1921-22 sarà senza dubbio l’eclettico Piero Ettore Dusio. Originario di Scurzolengo, nell’Astigiano, dove era nato il 13 ottobre 1899, in carriera fu imprenditore, pilota automobilistico, addirittura presidente della stessa Juve (dal 1942 al 1947). In mezzo (1944) ebbe l’estro e l’intuizione di fondare la Cisitalia (Compagnia Industriale Sportiva Italiana), mitica marca automobilistica, che corse anche i GP di Vercelli e che in pratica contribuì alla nascita della Porsche, avendo versato un forte riscatto in denaro per la liberazione proprio di Ferdinand Porsche, detenuto in Francia dove era prigioniero di guerra. Dusio morirà a Buenos Aires, l’8 novembre del 1975.

Quelle sette reti segnate alla Juve dalla Pro lasciarono il segno nei tifosi e nella dirigenza bianconere, che nel decennio a seguire non dimenticheranno mai l’affronto, cercando di vendicare l’onta sino al triplo 6-1, 5-1 e 4-1 tra il 1930 e il ’32 che la Juve impartì alle Bianche Casacche, ormai diventate a tutti gli effetti provinciali, seppur di lusso. La riappacificazione iniziò proprio da lì, sino al disputare una storica amichevole, la prima della tradizione a Villar Perosa, il 13 settembre 1931 (5-0 per la Juve di Carcano neo campione d’Italia), che avrebbe portato bene ai bianconeri che di lì in poi avrebbero vinto altri quattro scudetti e di cui è passata alla storia una stupenda foto ricordo con i presidenti Luigi Bozino, Edoardo Agnelli e suo figlio Gianni (futuro “Avvocato”), convinti da Combi e Ardissone a comparire nello scatto, tutti i giocatori e i dirigenti delle due squadre uniti ed abbracciati in un ideale passaggio di testimone della grandezza del calcio piemontese. La mitologia della Pro Vercelli, in fondo, consiste anche in questo: battezzare, esserci da protagonista e fare storia anche quando perdeva.

19ª GIORNATA, domenica 5 marzo 1922
Torino, Campo di corso Sebastopoli, ore 15:00
JUVENTUS-PRO VERCELLI 1-7 JUVENTUS: Combi, Fanzio, Novo, Marchi II, Gilli, Barale, Sereno, Beccuti, Ferraris, Giriodi e Grabbi G.. All.: Guido Debernardi. PRO VERCELLI: Curti, Rosetta, Bossola IV, Leone II, Parodi, Perino, Ceria, Ardissone, Gay I, Rampini II e Borello. All.: Ara-Parodi. Arbitro: Panzeri di Milano. MARCATORI: 5’ pt Giriodi (J); 53’ Parodi (P), 60’ Gay I (P), 65’ Rampini II (P), 73’ Gay I (P), 80’ Ceria (P), 81’ Ardissone (P), 87’ Ardissone (P). NOTE - Nella Juve, esordio in Massima Serie del futuro campione del mondo Combi: “In seguito ai 7 gol subiti, si allenò duramente, per migliorare”. NOTE - In classifica, Pro 26 (con 3 gare in meno), Novara 23 (con 4 gare in meno).

La prossima puntata sul numero de La Sesia in edicola venerdì 27 gennaio

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