I 130 anni della Pro Vercelli
di Alex Tacchini
15 Dicembre 2022 12:20
Vercelli è una città per certi versi strana.
Ha nel suo patrimonio storico una delle società sportive più leggendarie, ma nel tempo si è fatto poco per conservarne e tramandarne strutture, cimeli e memorie architettoniche dei luoghi “sacri” sportivamente, dove si realizzarono imprese che altri club ben più ricchi e attualmente famosi neppure si sognano di poter ottenere. Fu così, ad esempio, per il primo impianto sportivo della Pro Vercelli, quello realizzato e inaugurato da Bozino il 19 febbraio 1911 in occasione di una gara col Milan (1-0 per la Pro, rete di Modesto Valle). Di quello stadio (che combacia per il 70% della superficie dove è l’attuale) si è persa completamente traccia e memoria, anche perché tutto il materiale fotografico de La Sesia fu distrutto dall’incendio di via Camillo Leone. Aveva una tribuna in legno deliziosa, tutta pittata in bianco (anche se col tempo assunse un viraggio più scuro per via dell’umidità e delle intemperie) ed era quasi tutto attorniato da alte piante, probabilmente pioppi e cipressi, la cui ombra era molto ambita dalle annoiate signore della post-Belle Époque, dai voluminosi cappelli (col fluire del tempo sempre meno grandi), costrette ad accompagnare i loro mariti-tifosi delle Bianche Casacche a vedere la partita con quelle squadre che venivano da lontano e che spesso uscivano sconfitte nel confronto coi Leoni vercellesi.
Eppure è il luogo dove si continuò a giocare sino alla costruzione del “Comunale” (poco dopo “Leonida Robbiano”) nel 1932. Lo stesso paradigma può essere esteso ad altre fattispecie. La piazza, l’ampio ‘slargo’, dove si giocava, faceva parte del cosiddetto “Foro Boario” (nome elegante per descrivere il mercato del bestiame), davanti alla caserma che un tempo si chiamava “Conte di Torino” (l’attuale ‘Giuseppe Trombone de Mier’, l’ex Distretto Militare ormai dismesso e in lento inesorabile decadimento) che diede un eguale nome alla piazza e allo stesso impianto sportivo (ora in via XX Settembre dove era posizionata la linea di partenza e arrivo dei due GP automobilistici di Vercelli che si sono corsi nel 1947 e nel 1948). A due passi, il campo dove avevano conquistato il diritto di giocare gli Erranti di Secondo Ressia (più o meno dove ora c’è via Santorre di Santarosa e via Giovane Italia). Poco più in là, piazza Cairoli, poi abbattuta, con affaccio su via Quintino Sella. Per anni, prima che in via Massaua, la Pro giocò dunque nell’impianto di piazza Conte di Torino (e lì ci vinse gli scudetti), ma a Vercelli nessuno lo ricorda, né lo cita più. Anche perché, per tutti i vercellesi, quella – prima di essere chiamata piazza Camana – era la piazza “dei giardini” e prima ancora la “piasa dla fera”, della Fiera, denominazione che collimava anche con l’allora attigua (ovvero senza soluzione di continuità) piazza Mazzini.
Pietro Camana fu un partigiano tra i più coraggiosi organizzatori della Resistenza nel Vercellese, comandante prima della 75ª e quindi della 182ª Brigata Garibaldi, che portava il nome di battaglia di “Primula”. Era originario di Robbio Lomellina, dove nacque il 7 maggio del 1906 e a Vercelli, dove faceva l’operaio, abitava in via Monte di Pietà. Fu ucciso, quattro mesi prima della fine della guerra (25-28 aprile 1945) colpito a morte da una bomba di mortaio, durante la lotta contro la RSI il 1° gennaio 1945 a Sala nel Biellese, insieme al parroco del paesino che sorge vicino a Mongrando. È il classico esempio di incrocio (gli inglesi amano chiamarli “crossover”) che si potrebbe utilizzare anche nelle scuole per affascinare i ragazzi, avvicinandoli alla storia attraverso lo studio dello sport. Nei giardini (voluti a metà anni ’70 dall’allora assessore Aldo Venè, futuro presidentissimo della AS Scherma Pro Vercelli), proprio a due passi dall’ingresso dei vecchi Popolari, quasi affacciato a via Derna, sorge la statua dello scultore Guido De Bianchi dedicata alla Resistenza.
Perché, ogni domenica, è anche bello, avvicinandosi allo stadio, poter ricordare e riconoscere quei mattoni, in ogni loro centimetro, di quel luogo che tanto ci dà gioia, sapendoli discriminare e descrivere nella loro origine. È lo stesso panorama dove si posarono gli occhi di Bozino e Bertinetti, Piola (che abitò a lungo a due passi, in via Ludovico Ariosto), Castigliano e Ferraris II, prima di entrare in campo (o in ufficio). Così, se abbiamo in precedenza già descritto la sede ex Inam e la vecchia Sala dei Trofei ora abbattuta, ai poli cardinali opposti non possono passare inosservati due punti a nostro parere di notevole interesse storico-sportivo-turistico. All’inizio di via Massaua dal lato piazza Cesare Battisti, sorge una delle case più belle di Vercelli: è la splendida e maestosa Villa Bocchio, recentemente restaurata filologicamente, attorniata da ampi giardini. Tanto prestigiosa da esser scelta senza indugio, nel periodo della guerra, specialmente tra il 1943-45, come sede del comando militare germanico, che attraverso la Repubblica Sociale controllava questa parte di Italia Settentrionale. Già. Perché anche se nessuno ama mai ricordarlo, Vercelli faceva parte della Repubblica di Salò. Tralasciamo la Storia “pesante” e, percorrendo in lunghezza tutta via Massaua, costeggiando la tribuna del “Piola” con il suo alto colonnato portante, all’incrocio col semaforo di via Tripoli, ecco apparire le due splendide ville, fatte costruire da due amici che vollero abitare vicino tanto si vollero bene per tutta la vita. Sino alla fine. I loro nomi? Marcello Bertinetti e Francesco Visconti, ovvero la storia e il mito della Pro Vercelli Calcio e Scherma, italiana e mondiale. I due amici e campioni morirono ad inizio 1967 a pochi giorni di distanza. Marcello il 2 gennaio, Francesco il 1° febbraio, anche se nessuno ebbe il coraggio di dire al grande maestro forgiatore, inventore e portiere Campione d’Italia che l’amico era già scomparso qualche settimana prima. A Visconti è dedicata la palestra sede della Pro Scherma, che come è noto sorge sotto la tribuna del ‘Piola’. Questi sono i nostri luoghi del cuore. Che il cuore ci fanno battere ogni volta che giocano (o tirano) quelle maglie bianche con quello stemma Liberty così bello che neppure un moderno Leonardo o Raffaello avrebbe mai l’ardire di cambiare. Giusto allora ricordarli, riconoscerli, valorizzarli. Magari, perché no?, con una targa. Affinché anche altri tifosi e turisti di passaggio a Vercelli, possano godere di quella meravigliosa leggenda che è stata ed è tuttora la Pro Vercelli.
La prossima puntata sul numero de La Sesia in edicola venerdì 16 dicembre
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