Arcidiocesi
di Giorgio Morera
9 Ottobre 2022 10:30
Da sin. il professore Alessandro Capone, il professor Renato Uglione, monsignor Marco Arnolfo e monsignor Franco Giulio Brambilla (foto Morera)
"Questo convegno getterà luci di speranza per un dialogo culturale aperto ai valori fondanti della serena convivenza civile": è il buon proposito che l’Arcivescovo di Vercelli, monsignor Marco Arnolfo, ha “lanciato” nel suo intervento di apertura del prestigioso simposio nazionale che ieri, sabato 7 ottobre, è stato interamente dedicato al patrono Sant’Eusebio.
L’iniziativa, che rientra tra quelle indette per il 1650° anno di morte del protovescovo (e poi rimandate di un anno per le restrizioni governative in materia sanitaria), avvenuta il 1 agosto 371, è stato organizzato in collaborazione tra l’Arcidiocesi e il Centro europeo di studi umanistici “Erasmo da Rotterdam” guidato dal professor Renato Uglione. Dopo 27 anni dal primo convegno voluto nel 1995 dall’allora Arcivescovo, monsignor Tarcisio Bertone (ancora prima di essere elevato a Cardinale), per il 1650° della nomina vescovile di Eusebio (nel 345) da parte del pontefice Giulio I, ecco che Vercelli è tornata ad ospitare un altro meeting incentrato sugli studi eusebiani.
A ripercorrere le fasi del cosiddetto “Anno Eusebiano” è stato monsignor Arnolfo quale 130esimo successore del Santo patrono della città, dell’Arcidiocesi e della Regione ecclesiastica piemontese. «La prima fase, più narrativa, aveva lo scopo di presentare Sant’Eusebio nella nostra diocesi, perché magari tutti ne parlano, ma non si conosce bene la sua vita. Per questo ho voluto preparare una piccola lettera pastorale dal titolo “Io, Eusebio” (pubblicata nel 2021 - nda) dove lui stesso si racconta, proprio per accogliere oggi la sua parola come la accolsero i vercellesi nel IV secolo quando lui scrisse dall’esilio. Sant’Eusebio, così, “scrive” ancora a noi oggi; è un po’ questo lo scopo della mia lettera pastorale. Questo primo momento ha avuto anche lo scopo di raggiungere tutti, pure i più piccoli, dal catechismo al centro estivo, perché potessero, in qualche modo, essere interessati a quello che Eusebio ha detto e ha fatto. Ad esempio sul tema dell’amicizia perché, come si evidenzia dalla sua vita, Eusebio ha avuto sempre nuove amicizie, sia all’inizio quando era ancora a Cagliari che poi quando era studente a Roma, diventando Lettore e instaurando amicizie importanti come quella con Sant’Atanasio; fino all’amicizie avute una volta arrivato qui a Vercelli, ma anche con quelle comunità che lui stesso cita nella sua lettera, ovvero Tortona, Ivrea, Novara».
Le celebrazioni, poi, sono proseguite con una seconda fase che «aveva lo scopo di aiutare tutta la diocesi a cogliere un po’ i doni essenziali che abbiamo individuato in numero di tre, di cui due specificamente di Sant’Eusebio mentre il terzo più legato al contesto del Giubileo», ha asserito monsignor Marco Arnolfo. Il primo dono è l’evangeliario, quel “Codex Vercellensis Evangeliorum” attribuito ad Eusebio e che è custodito all’Archivio capitolare del Museo del Tesoro del Duomo, che «in questo “Anno Eusebiano” ha per noi richiamato una particolare attenzione, quella di essere amici di Dio, perché attraverso questa traduzione dei quattro Vangeli dal greco in latino Sant’Eusebio ci “richiama” ancora oggi all’importanza della Parola di Dio, specialmente in un tempo in cui si disperdono tante parole e dove abbiamo parole contraddittorie a tutti i livelli». Dopo l’evangeliario, l’altro lascito è il cenobio, inteso come «la vita fraterna che Sant’Eusebio iniziò a Vercelli e che trova le sue origini nella spiritualità autenticamente cristiana»; un dono «che caratterizza e che dovrebbe caratterizzare ancora oggi la nostra Chiesa eusebiana - ha precisato l’Arcivescovo - La vita fraterna della comunità cristiana non può non avere lo stile della sobrietà e della condivisione evangelica che è descritta negli Atti degli Apostoli. Cioè, non basta dire vita di comunità o vita da “nababbi”. No! La vita fraterna, comunitaria e cristiana deve ispirarsi a quella fondata da Gesù».
Il terzo e ultimo dono, come accennato, è quello del Giubileo calcolando il 1650° anniversario di morte di Eusebio come 33 anni giubilari. «Questo ci ha offerto l’occasione per affrontare la tematica del Giubileo come attenzione ai poveri, la libertà per i prigionieri, il riposo alla terra», è la considerazione dell’Arcivescovo pensando alla terra vercellese «che Sant’Eusebio ha percorso a piedi, su strade e sentieri, nelle valli e nei boschi, assaporando il profumo dei fiori e l’odore dei campi, nutrendosi solo di bacche e frutti che raccoglieva lungo il cammino». Sebbene non ci fosse ancora quella «sensibilità ecologica» di cui tanto si parla nella società contemporanea e nonostante «non fosse ancora esplicito quell’amore per il Creato espresso da San Francesco nel suo “Cantico”, Sant’Eusebio certamente ha visto e creduto nella «potenza creatrice di Dio nella contemplazione della natura».
Le successive relazioni del convegno nazionale di studi eusebiani, che sono proseguite fino al tardo pomeriggio, sono state a cura di: monsignor Franco Giulio Brambilla, Vescovo di Novara e presidente della Commissione per la Dottrina della Fede della CEI; professor Renato Uglione, autore del volume “Eusebio di Vercelli. Lettere e antiche testimonianze” (Cesu-Loescher); professore Alessandro Capone dell’Università del Salento (che ha esposto anche l’intervento dell’assente accademico Michel-Yves Perrin della Sorbona di Parigi); monsignor Franco Buzzi, Prefetto emerito della Veneranda Biblioteca Ambrosiana di Milano; monsignor Roberto Repole, Arcivescovo di Torino.
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