La recensione
di Emanuele Olmo
1 Marzo 2023 10:06
Non lasciatevi ingannare da un titolo appositamente provocatorio e ambiguo, poiché “L’ultima notte di Amore”, terzo lungometraggio di Andrea Di Stefano in uscita nelle sale il 9 marzo, non è uno struggente film romantico ma un ben confezionato poliziesco dove l’Amore presente nel titolo è il cognome del poliziotto Franco, interpretato da Pierfrancesco Favino, a poche ore dal ritiro prima di svolgere l’ultimo personale caso di omicidio.
Il film è stato presentato alla 73ma Berlinale nella sezione Berlinale Special Gala, dove il “divo” tricolore all’estero è stato intervistato, rilasciando un interessante quanto veritiero spunto riflessivo sulla situazione cinematografica Italia – America. Dopo aver parlato del personaggio di Franco Amore, definendolo un “super-cop”, figura molto più americana che italiana, Favino evoca una questione spinosa: sulla scena internazionale c’è una progressiva perdita di prestigio dell’industria italiana, che ha come conseguenza una sempre meno fiducia nei confronti delle nostre maestranze. Secondo l’attore sono soprattutto i produttori italiani ad avere una grossa fetta di responsabilità, dichiarando: “Vedo scemare il rispetto che c’è all’estero per il cinema italiano e per le sue professionalità. È complicato andare oltre le barriere del proprio cinema, soprattutto quando alcuni ruoli da italiano vengono molto spesso interpretati da attori americani. È difficile che gli attori italiani riescano ad emergere se vediamo l’intera famiglia Gucci parlare in un inglese del New Jersey. E su questo i nostri produttori hanno grosse responsabilità. Perché se i nostri produttori non accettassero...a me non farebbero mai fare Kennedy. E a nessuno verrebbe mai in mente di chiedere a un attore americano di interpretare Yves Saint Laurent: questo perché i francesi hanno messo dei paletti precisi”.
Una diretta ma elegante critica ad “House of Gucci”, ultima opera di Ridley Scott dove si narra dell’omicidio di Maurizio Gucci senza nessun attore italiano nella rosa dei ruoli principali. “Dobbiamo mettere dei paletti, anche rischiando di perdere qualcosa in termini di investimenti internazionali, di quelli che vengono a girare nel nostro Paese per usufruire del tax credit. Dovrebbe interessarsi qualcuno a questa questione, magari anche a livello ministeriale. Ma attenzione, perché non è un problema politico, è un problema industriale. Un problema legato alla perdita di rispetto che avverto e vedo verso la nostra scuola e la nostra cultura cinematografica”.
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