Chiacchiere di moda
di Silvia Barbieri
9 Febbraio 2021 12:35
Kamala Harris (a sinistra in viola) e Jill Biden
Kamala Harris fa da tempo parlare di sé. Non è solo la prima donna ad avere accesso alla vicepresidenza americana, ma le sue origini indiane tamil e giamaicane hanno fatto crescere numerosi rumour in un’America che tuttora trova difficoltoso l’abbandono completo della discriminazione. Ma non sono qui per parlare di politica, o meglio, preferisco che la moda parli da sé.
Per la cerimonia di inaugurazione del 20 gennaio, Kamala Harris ha affidato ai designer afroamericani emergenti, Christopher John Rogers e Sergio Hudson, il suo total look viola. E proprio il viola è l’epicentro di significati che il colore assume. Si pensi per esempio che il viola è il connubio di rosso e blu, rispettivamente simbolo di Repubblicani e Democratici: il viola si fa quindi portavoce di unione e smussamento di contrasti, in un Paese che sin dalle origini è altamente diviso al suo interno e che negli ultimi quattro anni ha avuto un’impennata nell’inasprimento delle opposizioni.
Dietro la semiotica dell’outfit della neo-vicepresidente, vi è però anche un omaggio a una figura che ha sempre svolto un ruolo di esempio per la Harris: mi riferisco infatti all’attivista Shirley Chisholm, che nel 1968 ottenne un posto nella Camera dei Rappresentanti, divenendo la prima donna nera eletta al Congresso, e che spesso per le apparizioni pubbliche optò per outfit viola, con riferimento al movimento delle suffragiste.
Ma il simbolismo dell’outfit di Kamala Harris non termina qui, poiché un altro nesso è lecito e dovuto. Corre l’anno 1985, Steven Spielberg è regista de "Il colore viola", un film sicuramente dal cast rinomato – Oprah Winfrey fra tutti – ma soprattutto un film che propone valori quali la forza delle donne e il tema del razzismo. Insomma, Kamala Harris non si è certo risparmiata e ha dato ennesima prova di quanto la moda possa avere a che fare con la politica.
Da una parte abbandona la Casa Bianca la first lady Melania Trump, con un già corroborato ma sempre elegante sfoggio dell’olimpo del lusso (Hermès, Chanel, Louboutin), dall’altra sale sul gradino più alto del potere statunitense mai ottenuto da una donna, Kamala Harris, che già dall’ardita e studiata scelta dell’abito si propone come apripista rivoluzionaria.
E, ci auguriamo, che il meglio debba ancora venire.
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